Advertisement vai al contenuto principale
Gas

Shale gas e futuro energetico dell’Italia: il ruolo degli Usa e i concorrenti. Parla Bessi

Bessi: “Joe Biden sostiene una politica molto simile a quella dei suoi predecessori per quanto riguarda l’energia. Democratici e Repubblicani in materia di petrolio e gas quando di mezzo c’è la energy dominance la pensano allo stesso modo…”.

Proseguono gli approfondimenti sul mondo dell’energia con Gianni Bessi, consigliere Pd alla Regione Emilia-Romagna, analista di politiche energetiche sulle quali ha scritto libri e saggi e interventi sulla stampa. Il tema che affrontiamo in questa ‘chiacchierata’ in tre parti è lo shale gas e il suo ruolo nel futuro energetico dell’Italia e dell’Europa.

D: Bessi, intanto è bene spiegare cos’è lo shale gas.

R: “Lo shale gas, che può essere chiamato anche gas da scisti bituminosi, semplificando è il comune gas metano ma estratto in giacimenti non convenzionali da argille parzialmente diagenizzate. Queste argille, derivate dalla decomposizione anaerobica di materia organica contenuta in argille durante la diagenesi: in sostanza, per estrarre il gas si effettua prima una perforazione verticale, che permette di raggiungere le rocce. E quindi una orizzontale a cui segue una fratturazione idraulica, il cosiddetto fracking. Il fracking aumenta la permeabilità delle rocce permettendo l’estrazione del gas”.

Quando è cominciata la produzione in grande stile?

“In realtà lo shale gas si estrae fin dall’800, ma è stato all’inizio degli anni 2000 che c’è stata una ‘rivoluzione’ nella produzione: le cause sono state l’aumento del prezzo del gas e il successo produttivo del giacimento di Barnett Shale in Texas. Prima di allora il limite maggiore alla sua competitività era il costo, molto superiore al gas estratto in modo tradizionale”.

Invece oggi, c’è stata un’esplosione della produzione o, come dice lei, una rivoluzione.

“Sicuramente alla popolarità e al maggiore appeal commerciale dello shale ha contribuito la crisi energetica che sta attanagliando l’Europa, causata, è bene ripeterlo, in primo luogo dal conflitto in Ucraina. Oggi il primo produttore di shale nel mondo sono gli Usa hanno, con 740 miliardi di metri cubi nel 2020 (fonte Iea). Pensi che negli Stati Uniti lo shale rappresenta circa l’85 per cento della produzione di gas naturale”.

Questo fatto come ha cambiato l’approccio Usa al mercato dell’energia?

“Gli Stati Uniti hanno registrato negli ultimi anni una crescita costante della produzione di idrocarburi che li ha trasformati da importatori netti a esportatori. Dal 2010 ad oggi l’import di LNG statunitense è crollato e l’enorme capacità di rigassificazione del paese è rimasta in larga parte inutilizzata. Di contro, gli USA hanno notevolmente ampliato la propria capacità di liquefazione, che è passata in breve tempo, cioè dal 2015 al 2018, da un valore di meno di 5 milioni di tonnellate l’anno ad oltre 20 mtpa. Nel 2020 tale capacità ha raggiunto le 60 Mtp”.

Questo primato cosa significa?

“Che gli Stati uniti sono passati in pochi anni da paese importatore a paese esportatore di energia: e con la prossima esclusione completa della Russia come approvvigionatore di prodotti energetici il ruolo degli Usa è destinato a essere ancora più centrale”.

Quali sono i loro concorrenti?

“Ovviamente la Russia, con 37,4 triliardi di metri cubi pari al 19,9% del totale mondiale e, a seguire, l’Iran, con 32,1 triliardi di metri cubi, il 17,1% del totale, il Qatar, che estrae 24,7 triliardi di metri cubi, il 13,1% del totale, e il Turkmenistan, con 13,6 triliardi di metri cubi, pari al 7,2% del totale”.

La posizione del Qatar tra i primi produttori è interessante.

“Il Qatar ha ‘scommesso’ in tempi non sospetti sul ciclo rialzista del gas naturale: intanto è il maggiore produttore mondiale di Gnl e negli anni scorsi ha rilanciato affidando un progetto da circa 30 miliardi di dollari a McDermott International per un intervento che riguarda l’espansione del North Field East nel Golfo Persico, che dovrebbe aumentare la capacità di produzione da 77,9 a 110 milioni di tonnellate all’anno entro il 2025. Ma non è finita: a seguire il North field South porterà la sua capacità a 126 milioni di tonnellate all’anno di Gnl. A questo impianto se ne affianca uno di cattura e stoccaggio di C02, in modo da ridurre l’impatto ambientale della produzione”.

Sarebbe interessante per i nostri lettori a questo punto fare una cronistoria di questa ‘vocazione energetica’ degli Usa.

“Allora partiamo dal 1940, quando c’era la ‘energy dominance’ degli Usa, che producevano oltre il 60% del petrolio mondiale. Giappone e Germania, per capirci, dipendevano dalle importazioni di petrolio statunitense e sarà un elemento decisivo per le sorti della II Guerra Mondiale. Nel 1970 lo scenario cambia e comincia la ’energy weakness: sono ancora il principale produttore di petrolio ma non esportano più, anzi aumentano le importazioni. Il 2000 registra forse il punto più basso, con la ‘energy impotence’, con la produzione che continua a diminuire a fronte di aumenti costanti delle importazioni: è qui però che lungo le coste vengono costruiti terminal per il Gnl. Nel 2008 si cambiano completamente le carte sul tavolo e comincia la ‘energy revolution’, grazie all’estrazione di gas e petrolio shale. Infine nel 2015, periodo della ‘energy abundance’, Barack Obama firma la legge che abolisce il divieto per gli Stati Uniti di esportare petrolio in vigore da 40 anni, nel 2017 Donald Trump mette le basi per il dell’agenda per il dominio energetico, la ‘energy dominance’ che diviene effettiva nel 2020: l’America è di nuovo il primo produttore globale di petrolio e punta all’autosufficienza entro i primi anni del 2020”.

Qui ci fermiamo, per il momento. La prossima volta ci collegheremo maggiormente all’attualità per capire quale sia la tattica americana per il mercato dell’energia. Ci può dare un assaggio dell’argomento?

“È presto detto: Joe Biden sostiene una politica molto simile a quella dei suoi predecessori per quanto riguarda l’energia. Democratici e Repubblicani in materia di petrolio e gas quando di mezzo c’è la energy dominance la pensano allo stesso modo…”.

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.

Rispettiamo la tua privacy, non ti invieremo SPAM e non passiamo la tua email a Terzi

Torna su