L’impatto di Trump sulla transizione energetica e sul clima. Enel, Ansaldo e Leonardo valutano la produzione di SMR in Italia con una nuova società. Vestas costruirà maxi pale eoliche a Taranto. Esposto di associazioni ambientaliste alla Commissione Ue per altoforno 1 dell’Ilva riacceso a carbone. La rassegna Energia
L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Usa avrà un impatto importante sulla transizione energetica e sul contrasto al climate change. Infatti, il Tycoon ha già espresso scetticismo nei confronti dell’Accordo di Parigi sul clima, da cui gli Usa potrebbero ritirarsi nuovamente. Infatti, il rischio è che gli Stati Uniti deviino dagli obiettivi climatici globali, entrando in conflitto con l’Unione Europea. “La divergenza tra gli obiettivi ambientali americani e quelli europei potrebbe complicare le relazioni transatlantiche e influenzare i settori economici legati alla green economy. In sintesi, una presidenza Trump potrebbe portare l’Europa a rivalutare il proprio ruolo in un sistema internazionale meno multilaterale e meno dipendente dagli Stati Uniti”, si legge su Start Magazine. In altre parole, il nuovo mandato di Trump potrebbe coincidere con un’era di incertezze per l’Europa, che dovrebbe prepararsi a una maggiore indipendenza strategica e a una diversificazione delle sue alleanze globali. Enel e Ansaldo hanno avviato la fase di valutazione per decidere se installare o meno Small Modular Reactors di terza generazione in Italia. Le aziende pensano di costituire entro la fine dell’anno una società che si occuperà di studiare modalità di adozione, tempi, costi e possibilità di sviluppare nel paese una filiera produttiva legata a questi reattori. Enel avrà la quota di maggioranza (più del 51%), Ansaldo di minoranza e ci sarà anche una partecipazione di Leonardo. L’azienda danese Vestas costruirà maxi pale eoliche a Taranto. Nel porto della città si trova già la pala eolica attualmente più grande del mondo, che alimenterà una turbina da 15 megawatt, 15mila kilowatt. Le componenti di maxi impianti eolici sono vendute soprattutto nel mercato estero, in particolare nordeuropeo. Restiamo a Taranto con un caso che è arrivato fino alla Commissione Europea. Alcune associazioni ambientaliste hanno presentato un esposto alla Commissione Europea perché l’altoforno 1, riacceso da pochi giorni dell’ex Ilva è alimentato a carbone. Una scelta che aggirerebbe le condizioni di Bruxelles per accedere al prestito ponte di 320 milioni di euro. La rassegna Energia.
ENERGIA, COSA SUCCEDE AGLI USA CON VITTORIA TRUMP
“La rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti potrebbe avere implicazioni significative per l’Europa e la Nato, basate sulle scelte politiche e le dichiarazioni rilasciate durante la sua prima amministrazione. In tema di alleanze, Trump aveva già mostrato un atteggiamento critico verso la Nato, considerando l’organizzazione un fardello finanziario sproporzionato per gli Stati Uniti. È probabile che un suo ritorno alla Casa Bianca porterebbe nuove pressioni sugli alleati europei affinché incrementino le loro spese per la difesa.
Trump potrebbe anche cercare di ridurre l’impegno statunitense nella Nato, spingendo per una condivisione più equa dei costi e lasciando intendere che la difesa europea debba essere garantita principalmente dall’Europa stessa. Questo potrebbe creare tensioni con i paesi europei che, sebbene abbiano aumentato i loro budget per la difesa negli ultimi anni, non sono ancora pronti a fare a meno del supporto americano. Sul piano geopolitico, l’Europa potrebbe trovarsi costretta a riconsiderare le proprie strategie di sicurezza. Un possibile distanziamento degli Stati Uniti dalla Nato costringerebbe i paesi europei a sviluppare un apparato difensivo autonomo e a rafforzare le proprie capacità di deterrenza, in particolare nei confronti della Russia. Alcuni paesi potrebbero anche cercare di rafforzare le proprie relazioni con potenze extra-Nato, come la Cina o l’India, per bilanciare eventuali vuoti lasciati dagli Stati Uniti”, si legge su Start Magazine.
“In politica estera, Trump ha mostrato una tendenza a perseguire un approccio isolazionista e transazionale, concentrato sugli interessi economici americani. In caso di rielezione, potrebbe rinegoziare o addirittura annullare alcuni accordi commerciali esistenti con i paesi europei, puntando a migliorare il saldo commerciale degli Stati Uniti. Questo potrebbe danneggiare l’economia europea, già sotto pressione a causa della pandemia e della crisi energetica. In particolare, paesi come la Germania e la Francia, con forti legami economici con gli Stati Uniti, potrebbero essere i più colpiti. Sul fronte energetico, Trump ha espresso scetticismo verso l’Accordo di Parigi sul clima, da cui si era ritirato durante il suo mandato, salvo poi rientrarvi sotto l’amministrazione Biden. Un ritorno alla Casa Bianca di Trump potrebbe significare un’ulteriore allontanamento degli Stati Uniti dagli obiettivi climatici globali, portando anche a possibili conflitti con l’Unione Europea, che sta cercando di promuovere una transizione energetica più rapida. La divergenza tra gli obiettivi ambientali americani e quelli europei potrebbe complicare le relazioni transatlantiche e influenzare i settori economici legati alla green economy. In sintesi, una presidenza Trump potrebbe portare l’Europa a rivalutare il proprio ruolo in un sistema internazionale meno multilaterale e meno dipendente dagli Stati Uniti. La Nato potrebbe essere costretta a ridefinire il proprio mandato, con una maggiore enfasi sulle capacità difensive degli alleati europei. Inoltre, le politiche commerciali e climatiche degli Stati Uniti potrebbero generare nuove sfide economiche e diplomatiche per l’Europa. In definitiva, il ritorno di Trump alla guida degli Stati Uniti potrebbe inaugurare un’era di incertezze per l’Europa, che dovrebbe prepararsi a una maggiore indipendenza strategica e a una diversificazione delle sue alleanze globali”, continua Start Magazine.
“Un eventuale ritorno di Trump alla presidenza potrebbe influenzare profondamente le scelte degli Stati Uniti in merito ai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente. Durante il suo precedente mandato, Trump ha dimostrato un approccio pragmatico e orientato a evitare l’intervento diretto in conflitti esteri, preferendo piuttosto trattative che potessero promuovere l’interesse nazionale americano. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, Trump potrebbe cercare una rapida conclusione del conflitto, considerando i costi sostenuti dagli Stati Uniti per il sostegno militare ed economico a Kyiv. È possibile che tenti di avviare negoziati tra Russia e Ucraina, puntando a una soluzione diplomatica che porti alla fine delle ostilità e consenta agli Stati Uniti di ridurre il proprio impegno finanziario nella regione. Tuttavia, questa posizione potrebbe incontrare resistenze sia internamente che tra gli alleati europei della Nato, preoccupati per l’aggressività russa. Riguardo al conflitto tra Israele e le organizzazioni terroristiche come Hamas, Trump ha storicamente sostenuto Israele con una politica di “tolleranza zero” verso il terrorismo, promuovendo al contempo l’accordo di Abraham per migliorare le relazioni tra Israele e alcuni stati arabi. In caso di rielezione, è probabile che Trump continui a sostenere fermamente Israele, intensificando le pressioni internazionali contro Hamas e sostenendo qualsiasi azione di autodifesa israeliana”, continua Start Magazine.
ENERGIA NUCLEARE, MINI REATTORI ANSALDO E ENEL IN ARRIVO
“Enel si prepara ad avviare la fase di studio, da condurre assieme al gruppo Ansaldo, al fine di valutare la fattibilità dell’adozione della tecnologia del nucleare di terza generazione avanzata Smr per la generazione di energia elettrica in Italia. La costituzione di una società, che si occuperà soltanto di studiare modalità di adozione, tempi, costi e – soprattutto – la possibilità di sviluppare nel paese una filiera produttiva di questi mini (per modo di dire) reattori, è al vaglio e dovrebbe concretizzarsi entro la fine dell’anno. Nel capitale ci saranno solo tre soggetti: il gruppo elettrico guidato da Flavio Cattaneo, con una quota superiore al 51%; il gruppo Ansaldo, con una quota di minoranza, e infine Leonardo con una piccola partecipazione”, si legge su Il Sole 24 Ore.
“La spinta a far ripartire nel Paese una tecnologia messa fuori gioco da due referendum (nel 1987 e nel 2011) è legata allo sviluppo di nuovi sistemi di generazione più piccoli, meno costosi e ritenuti più sicuri per produrre importanti quantità di energia elettrica a prezzi competitivi. L’interesse per questa opportunità non è soltanto italiano (…) In Inghilterra al lavoro c’è Rolls-Royce. Tra i maggiori sviluppatori della tecnologia Smr ci sono gli Stati Uniti. Sono tre gli operatori che stanno lavorando su progetti diversi: GE Hitachi, NuScale Power e Westinghouse. La tecnologia realizzata da quest’ultima potrebbe attirare l’interesse italiano, per l’avanzato stadio e per i costi più competitivi; starà però alla nuova società a guida Enel fare tutti gli approfondimenti necessari per stabilire con quale tecnologia realizzare gli impianti che eventualmente saranno realizzati in Italia”, continua il giornale.
“A livello globale sono circa 80 i differenti progetti in fase di studio: al lavoro ci sono ovviamente anche i cinesi, con la tecnologia ACP100, ad oggi il progetto più avanzato e in fase di esercizio sperimentale. La società italiana partirà dagli SMR perché gli small modular reactor di terza generazione avanzata rappresentano la tecnologia che può essere disponibile per prima, con l’entrata in produzione entro 10 anni. Nel frattempo si lavora anche allo sviluppo degli Amr, che hanno un sistema di raffreddamento a piombo. Richiedono circa 15 anni per arrivare alla commercializzazione, ma hanno il vantaggio di utilizzare combustibili diversi da uranio e plutonio e di ridurre drasticamente i volumi e la durata delle scorie. L’aspetto che ha attirato l’attenzione di Enel e Ansaldo (gruppo che attraverso Ansaldo Energia sta sviluppando un proprio progetto Amr in Romania) è la possibilità di costruire questi impianti, che hanno le dimensioni di una fabbrica, all’interno delle industrie e dunque consentono di creare opportunità di lavoro e di realizzare una filiera nazionale. (…) L’interesse è legato soprattutto alle grandi quantità di energia elettrica che sarebbe prodotta a costi ritenuti competitivi. Una utenza elettrica deve essere alimentata per 8.760 ore l’anno: gli Smr garantiscono un’alimentazione costante, come il gas d’altro canto. Il fotovoltaico oggi riesce a fornire un’alimentazione per 1.500 ore. Una volta standardizzato il modello di produzione, l’SMR avrà un costo di realizzazione di 3,5 milioni a megawatt (5,5 milioni il costo stimato del prototipo). (…) gli Smr. I quali possono, quindi, garantire un prezzo di vendita dell’energia elettrica più basso”, continua il giornale.
“Un SMR in media ha una potenza di circa 300 megawatt, quindi l’investimento dovrebbe attestarsi attorno a un miliardo di euro ciascuno. Nella strategia dell’Enel la decarbonizzazione resta l’obiettivo fondamentale: il nucleare è considerato una tecnologia compatibile perché non ha un impatto in termini di emissioni di C02. L’obiettivo è portarne avanti lo sviluppo assieme a quello delle rinnovabili. Il nucleare può sostituire il gas in una parte dei consumi nazionali (…) Alle industrie si aggiunge poi la domanda crescente dei data center necessari per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Negli ultimi tre-quattro mesi Enel ha ricevuto circa 40 lettere di interesse da operatori internazionali di tutto il mondo che vorrebbero realizzare data center in Italia, tanto che la società ha costituito un apposito team per lavorare a questo nuovo ramo di business. Tra questi operatori ci sono le Big Tech, tra le quali Google e Amazon, ma anche società di sviluppo immobiliare come Starcom. (…) È chiaro che puntano a un tipo di alimentazione elettrica costante e consistente, come quella degli SMR, combinata a sistemi di batterie e impianti rinnovabili. L’interesse, in ogni caso, è soprattutto per il nord Italia. Enel, comunque, ha diversificato il presidio su tutte le tecnologie: ha siglato un accordo con Newcleo, che sta lavorando sugli Amr. Ma non c’è solo la fissione: la novità recente è l’accordo per studiare progetti sulla fusione, diversi dal mega progetto Iter in Francia, al quale collaborano le maggiori potenze mondiali, Russia inclusa”, continua il giornale.
ENERGIA, VESTAS REALIZZERA’ MAXI PALE EOLICHE A TARANTO
“La prima pala eolica più grande del mondo è già in un’area del porto di Taranto, le altre sono in produzione, ma soprattutto Vestas, azienda danese leader nel settore, mette in campo un importante piano di assunzione a sostegno dei nuovi progetti di sviluppo. A Taranto la società aveva 700 addetti l’anno scorso, oggi è arrivata a circa 1.700 e per il 2025 c’è l’obiettivo di altre 400 assunzioni circa attestandosi a quota 2mila. Manpower, società del lavoro interinale, ha già lanciato la ricerca di altri 30 tecnici manutentori. La pala costruita a Taranto, in sigla V236, ha dimensioni ragguardevoli: 115,5 metri di lunghezza, possibilità di agire su un’area di 43mila metri quadrati, un fattore di capacità superiore al 60% e 60 tonnellate di peso. Trasportarla dallo stabilimento Vestas al porto, richiede 4 ore per un tragitto di 5 chilometri. «È la prosecuzione di un percorso cominciato a Taranto 26 anni fa – spiega Francesco Amati, general manager Vestas Italia -. La pala prodotta a Taranto alimenterà una turbina da 15 megawatt, 15mila kilowatt, è impressionante. Abbiamo iniziato da poco e avviato tutte le attività. La produzione del prossimo anno dipenderà dal mercato. In questo momento è soprattutto mercato estero, nordeuropeo, che è un pochino più avanti rispetto al Mediterraneo». A sostegno dell’attività di Taranto, ci sono altri due elementi. Il primo é che Vestas ha firmato ieri con Invitalia un accordo per finanziare parte dell’investimento nel sito pugliese. Il secondo è la concessione per nove anni, da parte dell’Autorità portuale del Mar Ionio, della piattaforma logistica”, continua il giornale.
“«Il settore dell’energia eolica – commenta Valentino Valentini, viceministro alle Imprese e al Made in Italy – sta avendo in Italia un impulso importante perché c’é una esigenza di installazione fortissima». Inoltre, «soprattutto qui stiamo costruendo anche una filiera e delle competenze. La forza di quest’azienda – prosegue Valentini in relazione alla Vestas – è quella di aver costruito una manodopera che è fondamentale. L’abbiamo visto: le pale sono sì l’espressione della tecnologia più avanzata, ma c’é una quantità di manualità, di occhio, di capacità, di artigianalità del Made in Italy che si coniugano perfettamente. A me vedere una pala eolica piace. È bella, l’ammiro» dice il viceministro, che nell’intervento nella cerimonia afferma di essersi voluto togliere «un sassolino dalla scarpa», riferendosi probabilmente alle proteste che spesso accompagnano queste installazioni a causa del loro impatto visivo. (…) non c’è qualcuno che ad un certo punto te la toglie o ti alza il prezzo. No, l’energia la stai generando sul tuo territorio» Ma al tempo stesso, sottolinea Valentini, poiché «il mix energetico non è fatto di una sola energia, si deve cercare di avere nucleare pulito e aumentare sempre di più l’eolico e il fotovoltaico»”, continua il giornale.
ILVA, ESPOSTO DI AMBIENTALISTI PER ALTOFORNO 1 A CARBONE
Restiamo a Taranto con un caso che è arrivato fino alla Commissione Europea. Alcune associazioni ambientaliste hanno presentato un esposto alla Commissione Europea perché l’altoforno 1, riacceso da pochi giorni dell’ex Ilva è alimentato a carbone. Una scelta che aggirerebbe le condizioni di Bruxelles per accedere al prestito ponte di 320 milioni di euro.
“La ripartenza dell’ex Ilva potrebbe finire nel mirino della Commissione europea. Alcune associazioni ambientaliste hanno inviato un esposto a Bruxelles, contestando la riaccensione dell’altoforno 1, alimentato a carbone. (…) i firmatari chiedono di accertare se la riattivazione dell’altoforno, nello stabilimento di Taranto, non rappresenti un aggiramento delle condizioni poste da Bruxelles per l’ok al prestito ponte di 320 milioni di euro. Quell’iniezione di liquidità, secondo le associazioni, è finalizzata alla ripartenza dello stabilimento, ma in discontinuità rispetto al passato, quindi senza carbone. (…) Insieme con i 300 milioni messi a disposizione da Ilva spa in amministrazione straordinaria (la società proprietaria degli impianti), il prestito ponte di 320 milioni, con un tasso di interesse annuo dell’11,6 per cento, serve a garantire l’attività dello stabilimento, in attesa della vendita.”, si legge su La Repubblica.
“Il governo attende per la fine del mese le offerte vincolanti. I sindacati insistono perché si discuta da subito il piano industriale per rilanciare produzione e occupazione e avviare la transizione ecologica. Ieri, intanto, il tribunale di Milano, ha accolto l’istanza di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, dichiarando lo stato di insolvenza di Acciaierie d’Italia”, continua il giornale.