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Rinnovabili

Crescono le rinnovabili in Vietnam

Dal 2014 al 2019 la capacità da fonti rinnovabili del Vietnam è passata da 109 MW a 5700 MW: merito delle riforme economiche

Nel 2014 la capacità rinnovabile installata in Vietnam, esclusa quella idroelettrica, ammontava a 109 megawatt: molto poco, considerata la capacità energetica complessiva, di 34.079 MW.

Al tempo – come ricostruito da James Guild sul Diplomat – il mix elettrico vietnamita era dominato innanzitutto dall’idroelettrico (che aveva una quota del 46 per cento), dal carbone (29 per cento) e dal gas naturale (22 per cento).

Per la fine del 2019, però, la capacità installata eolica e solare era arrivata a 5700 MW, vale a dire il 10 per cento circa del totale. In soli cinque anni, dunque, in Vietnam l’eolico e il solare hanno conosciuto una crescita fortissima. Com’è stato possibile?

LA CRESCITA ECONOMICA

Il primo fattore è il tasso di crescita economica del paese, che Guild definisce “espolosivo”. Secondo la Banca asiatica di sviluppo, dal 2014 l’economia vietnamita è cresciuta ad un tasso annuale del 6 per cento o superiore; nel 2018 e nel 2019 ha raggiunto il 7 per cento.

La crescita ha portato ad un aumento altrettanto impressionante dei consumi energetici. La quantità di energia venduta dalla società statale dell’elettricità – la Vietnam Electricity, o EVN – è passata da 128,6 terawattora nel 2014 a 2019,4 TWh nel 2019. Il consumo di elettricità è cresciuto ad un tasso annuo superiore all’11 per cento, anche superiore a quello del prodotto interno lordo.

La domanda di energia elettrica ha portato ad investimenti in nuova capacità di generazione.

LA DIPENDENZA DALLE IMPORTAZIONI DI FONTI FOSSILI

Guild definisce la dipendenza del Vietnam dall’idroelettrico come uno svantaggio, vista la limitata sostenibilità di questa fonte di energia e le tensioni geopolitiche nella regione connesse allo sfruttamento delle risorse idriche. Il Vietnam, scrive, non può sostenere per sempre la crescita della domanda energetica attraverso l’idroelettrico. Dal 2014 sono allora aumentate le importazioni di gas naturale e carbone – per la generazione di energia elettrica – e nel 2015 il paese è diventato un importatore netto di carbone: ancora nel 2019 ne ha acquistato dall’estero per 43,7 milioni di tonnellate.

Il punto con i combustibili fossili è che la loro produzione domestica non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico nazionale, costringendo il paese a dipendere dalle forniture straniere. Scrive Guild che “come nel caso della Thailandia, quando un paese inizia a dipendere dalle importazioni per alimentare la propria rete elettrica, è generalmente quello il momento in cui la classe politica inizia a prendere seriamente in considerazione la transizione alle fonti rinnovabili”.

Nel 2017 le autorità di regolazione vietnamite hanno autorizzato la EVN ad acquistare energia solare dai produttori indipendenti ad una tariffa “allettante” di 9,3 centesimi per kilowattora. Una mossa che si è rivelata efficace nello stimolare la crescita delle fonti rinnovabili. Guild nota tuttavia che le tariffe alte non bastano, e devono essere accompagnate dal sostegno della politica e delle istituzioni.

L’utility statale EVN ha il monopolio sulla trasmissione e la distribuzione dell’elettricità nel paese e ha storicamente controllato circa il 60 per cento della generazione. La transizione alle rinnovabili sembrerebbe controproducente per la società, che dovrebbe cedere una parte della propria quota di mercato ad aziende dell’energia eolica e solare.

L’APERTURA AI PRIVATI

Ma il governo vietnamita sta portando avanti da qualche anno un ampio sforzo riformistico per rendere il paese una meta più attraente per gli investitori privati ed esteri. Uno sforzo riformistico che passa anche per la riduzione del ruolo dello stato in alcuni settori chiave, come appunto quello energetico.

Hanoi sa bene che il paese ha bisogno di grandi afflussi di capitali per poter sostenere il ritmo di crescita dell’economia. Solo nel settore dell’elettricità, un rapporto di EVN del 2017 sosteneva che fossero necessari investimenti per 22 miliardi di dollari entro il 2020 in modo da rispondere adeguatamente alla domanda di energia. È stata questa consapevolezza – sostiene Guild – ad aver permesso la trasformazione radicale del settore energetico in un periodo di tempo tanto breve.

Ricapitolando: da una parte, la classe politica del Vietnam vede nell’espansione del ruolo dei capitali privati un driver di crescita economica, e pertanto ha necessità di riformare quei settori storicamente dominati dalle compagnie statali. Dall’altra parte, le importazioni di gas naturale e carbone stavano facendo aumentare il costo di produzione dell’elettricità e mettendo in pericolo la sicurezza energetica del paese, dipendente dalle forniture estere e vulnerabile all’andamento dei prezzi delle materie prime sui mercati.

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