La decisione è stata molto criticata: il Giappone si è impegnato ad azzerare le emissioni nette e a non investire nel carbone all’estero
anche per via degli annunci fatti dal primo ministro Suga Yoshihide per il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2050
Il Giappone ha approvato un piano per il finanziamento di una centrale a carbone in Vietnam, nonostante il governo di Tokyo avesse detto di voler tagliare gli investimenti in progetti inquinanti all’estero e di voler ridurre le emissioni di gas serra in patria.
I FINANZIATORI
La Japan Bank for International Cooperation (JBIC) ha accettato di finanziare con 636 milioni di dollari il progetto di costruzione della centrale Vung Ang 2, in Vietnam. Il prestito è stato co-finanziato anche da banche private e dalla Export-Import Bank of Korea, un istituto sudcoreano.
LE CRITICHE DEGLI AMBIENTALISTI
La decisione è stata molto criticata dagli attivisti ambientali, anche per via degli annunci fatti dal primo ministro Suga Yoshihide per il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2050 e per le restrizioni agli investimenti nel carbone all’estero. Anche il governo della Corea del sud ha detto di voler azzerare le emissioni nette di CO2 del paese entro i prossimi trent’anni.
COSA HA DETTO LA JBIC
Il progetto della centrale Vung Ang 2, da 1,2 gigawatt, è però stato pianificato molto tempo fa. In un comunicato, la Japan Bank for International Cooperation ha fatto sapere di stare lavorando con le autorità vietnamite ad iniziative per la decarbonizzazione, senza però fornire maggiori dettagli.
Un portavoce della banca – la cui dichiarazione è stata riportata dall’agenzia Bloomberg – ha detto che la JBIC ha deciso di sostenere il progetto in Vietnam dopo che alcuni ministeri competenti l’avrebbero giudicato coerente con le politiche del governo.
LE AZIENDE COINVOLTE
Tra le aziende che hanno investito nella centrale a carbone in Vietnam ci sono la giapponese Mitsubishi e l’utility sudcoreana dell’energia elettrica KEPCO; entrambe, scrive Bloomberg, hanno subito la pressione degli investitori, che hanno chiesto di rinunciare al progetto.