Il ruolo della Cina, il peso degli incentivi, le differenze tra Nord e Sud (anche in Europa). Perché le auto elettriche non sono ancora tra noi
La transizione energetica è una sfida, un percorso, ambientale (per alcuni anche ambientalista, dunque ideologico) ma anche tecnologico e geopolitico. Riguarda la vita di tutti i giorni da cittadini riguarda le strategie dei singoli Stati. Un fronte importante del lungo passaggio a un mondo dominato sempre meno dai combustibili fossili è quello che riguarda le auto elettriche. E allora, se il 2023 della produzione da fonti rinnovabili (eolico e solare) è stato un anno record per l’Italia, lo stesso non può dirsi per la produzione e vendita di veicoli a ricarica.
Tutti i dettagli.
IL FACT-CHECKING DI PAGELLA POLITICA SULLE AUTO ELETTRICHE
Alcuni numeri impietosi appartenenti a questo tema vengono riepilogati oggi dal fact-checking di Pagella Politica. Che aggrega le ultime rilevazioni di Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica), che abbiamo riportato al momento della loro uscita anche su questo giornale, e Acea (European automobile manufacturers’ association).
Nei primi dieci mesi del 2023 le importazioni di autoveicoli nuovi verso l’Italia hanno toccato un valore di 3.462.622.913 euro (+44,5% rispetto ai primi dieci mesi del 2022), mentre quanto alle esportazioni da gennaio a ottobre 2023 verso gli Usa si è registrato un aumento del 50,7%. Numeri in ripresa, insieme all’aggregato del 2022, quando si è tornati ai livelli del 2017 con un valore di 18.130 milioni di euro. Dal 2018 al 2020, invece, l’export ha vissuto un triennio altamente difficile. E l’Italia anche due anni fa è rimasta dietro a Francia e Germania.
Quanto alla produzione di veicoli a spina (iniziata nel 2020 in Italia), ricorda PP, “nel 2022 il 14 per cento delle auto prodotte in Italia era elettrico, il 44 per cento ibrido (ossia a doppia alimentazione), il 28 per cento a benzina, l’11 per cento a diesel e il restante a metano e Gpl”.
Mentre nel 2023, secondo le rilevazioni dell’Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri), “il 2023 si conferma un anno perso come mostrano i dati sulle auto green: a dicembre le BEV hanno raggiunto quota 6,0% e le PHEV il 4,0%, ma l’intero anno ha chiuso con le BEV ferme al 4,2% e le PHEV al 4,4%, lontane dalle quote più elevate non solo dei Major Markets d’Europa ma anche di Paesi con Pil pro capite a parità di potere di acquisto inferiore rispetto all’Italia. Tale ritardo ha avuto conseguenze negative sulle emissioni medie di CO2 che, contrariamente al trend di riduzione imposto dalle norme europee, sono addirittura cresciute nell’intero 2023 a 119,5 g/Km (+0,7%)”.
Anche secondo Acea, citato dal portale di fact-checking, “nel 2023 solo poco più di 66 mila auto immatricolate nel nostro Paese erano elettriche, il 4 per cento sul totale delle auto immatricolate. Il 46 per cento era alimentato a benzina o diesel, il 40 per cento era ibrido”. E anche il 2024, per l’Italia, non è iniziato sotto i migliori auspici. Svezia, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi marciano ad altri ritmi, evidenziando una differenza netta tra nord e sud del continente (che si ritrova anche a livello nazionale nel nostro Paese). Anche Francia e Germania vanno più spedite, mentre la Spagna è carente come noi e a fare peggio sono Polonia, Repubblica Ceca, Croazia e Slovacchia.
IL PUNTO DI A&F
Anche sull’inserto economico del lunedì di Repubblica (Affari & Finanza) vengono riepilogati alcuni dati indicativi del ritardo italiano sull’auto elettrica. I numeri sono quelli di EV-Volumes.com e dicono che il mercato delle auto elettriche, nel 2023, con 13,6 milioni di vendite, ha registrato una crescita del 34% rispetto al 2022, conquistando il 16% del mercato globale, con 9,5 milioni di elettriche pure e 4,1 di plug-in. L’anno salutato da poco è stato meno performante anche per la Cina, primus super partes nel settore quasi 6,2 milioni (+23,4% sul 2022) e il 23,8% di quota, ma per i Paesi europei c’è un problema per gli incentivi che sono venuti meno.
Nel dettaglio, l’Italia – scrive La Repubblica – resta fanalino di coda tra i cinque principali mercati europei con l’elettrico al 4,2% e poco più di 66 mila immatricolazioni.
IL PROBLEMA DEGLI INCENTIVI ALLE AUTO ELETTRICHE
Sul problema degli incentivi, a parlare ad A&F è stato l’ad di Renault Italia Raffaele Fusilli: «I dati di contesto ci dicono che in Italia il 48% della popolazione vive in case indipendenti. Se ci fossero agevolazioni importanti, una fetta grande di italiani potrebbe installare wall box o colonnine nell’abitazione. La percentuale di italiani che fanno meno di 10 chilometri al giorno in auto è il 79%. Oggi la vettura elettrica meno performante ha un’autonomia di 150 chilometri, quindi i timori rispetto all’autonomia dei mezzi non sono motivati. In Italia, però, solo il 2,5% della popolazione ha un reddito che supera i 70 mila euro. Il tema del prezzo è quindi reale e centrale. Avere incentivi all’acquisto adeguati è importante, per questo come Renault abbiamo deciso di anticipare gli incentivi governativi a partire dal primo febbraio». Secondo Fusilli non bastano solo gli incentivi, ma «servono tre cose. Oltre a un supporto vero all’acquisto che consenta l’accesso ai veicoli elettrici a un prezzo accettabile, bisogna accelerare rispetto alle infrastrutture di ricarica. C’è un terzo punto essenziale. Attuare un’enorme semplificazione burocratica per rendere più semplice la transizione, a iniziare dal potenziamento delle colonnine. Ci sono regole complicate in Italia, molto frammentate e complesse».
«Per quanto riguarda le case automobilistiche, in particolare quelle come Renault che credono fortemente nella transizione verso l’elettrico, il treno è già uscito dalla stazione. Un prolungamento al2040 o al 2045 della data di atterraggio dell’elettrico non è detto che produca benefici. Anzi. Sono stati fatti molti investimenti in nuove tecnologie, spostandoli da altri filoni, e non sono convinto che uno slittamento in avanti sarebbe la soluzione. Meglio un intervento di armonizzazione da parte dei governi per far sì che la data sia rispettata, favorendo tutti gli attori della filiera, da quelli che producono auto a chi installa infrastrutture, dai produttori di energia elettrica a chi fa software», aggiunge Fusilli. «(…) Renault ha piani chiari. E al di là delle scelte fatte rispetto ai piani di quotazione, Ampere è il perno della strategia: l’obiettivo industriale è quello di tagliare il 40% del costo delle auto elettriche. Come sappiamo il costo della batteria in una vettura è del 40%, il costo delle materie prime della batteria è di circa l’80%. Non c’è altra strada, quindi», conclude l’amministratore delegato di Renault Italia.
ADDIO AI COMBUSTIBILI FOSSILI, QUANDO?
Secondo l’Aie, al 2030 i veicoli elettrici avranno cancellato circa 5 milioni di barili al giorno della domanda mondiale di petrolio. E se attualmente le vendite globali di veicoli elettrici costituiscono circa il 13% di tutte le auto vendute, probabilmente questa percentuale salirà tra il 40% e il 45% entro la fine del decennio.
Numeri che però ancora non bastano per poter rispettare a pieno i vincoli fissati dalla Cop di Parigi del 2015.