Per Testa (FISE Assoambiente) il settore dei rifiuti muove verso un assetto industriale complesso, ma a livello nazionale mancano le idee chiare su cosa deve essere fatto
L’ultimo WAS Annual Report 2020 di Althesys, dedicato all’“industria italiana del waste management e del riciclo”, ha individuato 120 principali aziende attive nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti urbani, che servono il 56 per cento dei comuni italiani e il 70 per cento della popolazione. Si tratta di aziende in maggioranza a proprietà pubblica (il 61%), concentrate principalmente al Nord (30% al nord-ovest e 18% al nord-est). La quota del Centro (25%) e soprattutto del Sud e delle isole (21%) è molto inferiore.
COSA DICE IL REPORT WAS SU MULTIUTILITY, INVESTIMENTI E SUD
Il rapporto WAS evidenzia una crescita annua del 6,5 per cento dei rifiuti urbani raccolti nel 2019, per 22,8 milioni di tonnellate. E sottolinea sia una crescita della raccolta differenziata al Sud, sia un maggiore efficientamento delle aziende del settore. Settore che è sostanzialmente dominato da poche e grandi multiutility, gli attori principali, che detengono il 31 per cento del valore di produzione e servono il 20 per cento degli abitanti.
Le grandi multiutility si confermano anche i maggiori investitori. Nel 2019 c’è stata una crescita degli investimenti del 4,1 per cento rispetto al 2018 (534,8 milioni di euro in tutto), che si concentrano però al Nord (72% tra nord-ovest e nord-est) e al Centro (21%).
Il Sud, nonostante la rilevanza – vi risiede il 34 per cento della popolazione italiana e vale il 31 per cento della produzione di rifiuti –, si conferma un’area tutto sommato statica, sia per la limitata crescita industriale che per consolidamento degli operatori. Gli investimenti al Sud valgono appena il 7,6 per cento del totale nazionale.
ACEA: NON SIAMO PIÙ SOLO OPERATORI CHE RISPONDONO AD UN FASTIDIO
Nel suo intervento, Giovanni Vivarelli di Acea Ambiente ha ricordato come il mercato dei rifiuti sia fortemente frammentato, con appena 152 gestori interessati al servizio integrato.
“Non siamo più operatori che rispondono ad un fastidio, a far sparire il rifiuto; noi intendiamo il rifiuto come una risorsa. C’è un’evoluzione del modello di business: di passa da service provider di raccolta e smaltimento a supplier di materie prime seconde”.
Vivarelli ha detto che, anche per tenere conto degli obiettivi europei sul riciclo, “bisogna investire nel settore, in impianti e in capacità”, specialmente al Centro-Sud, dove c’è carenza di impiantistica. “Solo per i rifiuti urbani servono impianti per 2-4 milioni di tonnellate”. E le discariche sono “pressoché esaurite”. “Basti pensare che ancora oggi 14 milioni di tonnellate [di rifiuti] finiscono in discarica e quasi 8 milioni in termovalorizzazione”.
Le utilities, ha detto Vivarelli, “possono svolgere un ruolo trainante per gli investimenti”, invitando il paese a “sfruttare la convergenza”. Acea, ad esempio, ha intenzione di investire nel raddoppio della capacità di gestione, portando la quantità a 4 milioni di tonnellate in totale. “Ma serve” – ha precisato – un piano dettagliato e delle riforme, perché le risorse da sole non bastano: serve una semplificazione normativa”, specialmente nello snellimento delle procedure autorizzative.
TESTA (FISE ASSOAMBIENTE): MANCANO IDEE CHIARE A LIVELLO NAZIONALE
Chicco Testa, presidente di FISE Assoambiente, ha ricordato la filiera dei rifiuti muove verso un assetto industriale maturo che prevede l’integrazione tra le varie fasi e una complessità tecnologica sempre maggiore, con conseguente necessità di investimenti.
“Questa realtà riguarda però il Nord. Ci sono grossi problemi nel Centro-Sud e molto grandi in alcune regioni meridionali. Bisogna favorire questo processo” di maturazione, ha detto Testa, “che non riguarda solo la parte impiantistica”. Il fabbisogno impiantistico italiano riguarda principalmente due categorie: la frazione organica e, in misura minore, gli impianti di termocombustione.
“Tutto il sistema della raccolta sta andando verso una complessità maggiore e ha bisogno di un’organizzazione industriale che esca dal volontarismo di cui è spesso rivestita” la raccolta differenziata. “Si va”, ha proseguito Testa, “verso un’integrazione di raccolta e smaltimento: per chi partecipa alle gare sulla raccolta, è fondamentale conoscere quale sarà il prezzo di smaltimento finale”. Secondo Testa, “la regolazione di ARERA su raccolta e remunerazione può essere molto importante”.
Testa ha poi insistito sulla necessità, per l’Italia, di dotarsi di un programma nazionale che affronti tematiche critiche come quelle legate allo smaltimento dei fanghi o alle necessità tecnologiche, e che si concentri sulle regioni deficitarie. Secondo Testa, “a livello nazionale non ci sono le idee chiare su cosa deve essere fatto e come”; in particolare, “la dimensione tecnologica del settore dei rifiuti è assente dal dibattito”.
“Non servono le risorse” per il settore dei rifiuti, ma “le autorizzazioni”, ha precisato il presidente di FISE Assoambiente. Possono servire però strumenti di incentivazione, sull’esempio dei certificati bianchi, “per premiare chi ricicla materia”. Fondamentale inoltre “concentrarsi molto sul Centro-Sud. Ci vuole una crescita dimensionale delle imprese”, che spesso hanno “una resistenza psicologica ad affrontare la complessità burocratica e l’indecisionismo in molte regioni del Mezzogiorno”.
ARRIGONI (LEGA): IMPRESE HANNO VOGLIA DI INVESTIRE, MA SONO FRENATE
Per Paolo Arrigoni, membro della 13° commissione permanente del Senato (Territorio, ambiente, beni ambientali) e responsabile del dipartimento Energia della Lega, il report WAS “conferma che da parte delle imprese c’è voglia di fare economia circolare, nei fatti. C’è voglia di investire, ma le imprese, anche quelle a partecipazione pubblica e mista, hanno il freno a mano” a causa delle incertezze e delle problematiche regolatorie.
“C’è il tema dell’end of waste”, ha spiegato Arrigoni, “che è stato parzialmente risolto, di fatto mettendo sotto controllo le regioni che devono rilasciare le autorizzazioni. C’è la mancanza degli impianti. C’è il tema, cronico, delle differenze tra Nord e Centro-Sud del paese”.
Per quanto riguarda la carenza di impianti, Arrigoni ha ricordato di aver presentato “un’interrogazione parlamentare al ministro [dell’Ambiente] Costa sulla gestione dei rifiuti, per il coinvolgimento degli stakeholder. Il ministro deve disporre un programma che deve contenere obiettivi ben precisi, con una stima sulla produzione dei rifiuti nei prossimi 10-15 anni. Gli obiettivi dell’economia circolare sono sfidanti”. Relativamente al CSS, invece, Arrigoni ha dichiarato che “come Lega, abbiamo presentato degli emendamenti, ma bocciati, per favorire lo sviluppo del CSS”.
“C’è anche il tema della nuova regolazione introdotta da ARERA un anno fa”, ha proseguito Arrigoni, “sulla quale i comuni devono passare alla tariffazione puntuale. C’è il tema, legato all’economia circolare, del sostegno allo sviluppo del biometano”, anche nei trasporti. “Per la Lega non esiste solo la mobilità elettrica ma anche la mobilità basata sui biocarburanti”: Arrigoni ha ricordato che il partito ha proposto un contributo per la conversione a GPL o a metano delle auto EURO IV ed EURO V, rivolto a chi non può permettersi l’acquisto di un nuovo veicolo, magari elettrico.
Arrigoni ha concluso il suo intervento ricordando il blocco delle gare per la distribuzione del gas – “abbiamo un sistema impallato da dieci anni”, ha detto – e sollevando il problema del recupero dei pannelli fotovoltaici, che si farà “importante” visto il ruolo assegnato agli impianti solari nel PNIEC.
ISPRA: IL PROBLEMA NON È PENSARE I PIANI, MA ESEGUIRLI
Secondo il direttore generale dell’ISPRA, Alessandro Bratti, il “grande tema” non è “costruire un piano” per la gestione dei rifiuti, ma metterlo in pratica: come paese “siamo molto carenti nell’eseguire i piani, non nel pensarli”. In una buona fetta d’Italia, ha detto, gli impianti non sono stati realizzati e sarà “faticoso” costruire i nuovi: a disincentivare le aziende dall’investire in certe aree “non è solo un problema di farraginosità della norma”, ma anche “un problema di legalità”.
Bratti si è poi concentrato sul mercato delle materie prime seconde, che ha definito “estremamente volatile”: “c’è necessità di dare stabilità al mercato del riciclo o ci troveremo di fronte a situazioni complicate”, specialmente in caso di bassi prezzi delle materie vergini. “Non è solo un tema italiano”, ha precisato: “bisogna trovare delle linee guida a livello europeo su che cosa si considera materia prima seconda e cosa no”, in modo da evitare “distorsioni” nel mercato europeo, ancora “più importante” di quello nazionale.
UTILITALIA: NO FRAMMENTAZIONE, SERVE UNA REGIA NAZIONALE
Il vicepresidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, ha sottolineato come la maggioranza delle gare d’appalto al Sud riguardino un solo comune per periodi di affidamento inferiori o uguali a cinque anni, e che solo poche aste prendano in considerazione il ciclo integrato.
“Questo dato”, ha commentato Brandolini, “rende evidente che non è ancora passato il concetto che per fare economia circolare – e prima ancora per avere una gestione dei rifiuti efficiente ed efficace – occorre una gestione industriale; occorre che le imprese possano inseguire un’economia di scala. Le imprese non investono nell’innovazione con un periodo di affidamento di soli cinque anni che riguarda la sola fase della raccolta”.
Oltre al problema della frammentarietà gestionale, “le regioni centrali e meridionali hanno una carenza impiantistica che rischia di aumentare al 2035, specie per il trattamento della frazione organica dei rifiuti e per il trattamento dei rifiuti residui. È fondamentale andare verso una pianificazione dei sistemi impiantistici”: per Brandolini “serve una regia nazionale”.
C’è inoltre “molto da fare per il riciclo della plastica, sia per quanto riguarda il riciclo meccanico – che soffre di carenze impiantistiche nel Centro-Sud –, sia per gli ammodernamenti impiantistici”.
BRAGA (PD): IMPORTANTE ANCHE LA COSTRUZIONE DI CONSENSO LOCALE
Secondo Chiara Braga, del Partito Democratico e componente dell’ottava Commissione della Camera (Ambiente, territorio e lavori pubblici), “lo squilibrio territoriale molto forte che si registra sulla dotazione impiantistica e sulle performance delle aziende del ciclo dei rifiuti raccontano un’Italia a velocità differenti. Il recepimento delle direttive comunitarie, specie quelle sui rifiuti, richiede una programmazione nazionale”.
Sulla questione delle autorizzazioni per gli ambienti, Braga ha sottolineato anche la necessità di affrontare la questione della “costruzione di consenso locale”, perché “persino gli impianti più avanzati dal punto di vista tecnologico si scontrano con fortissime resistenze di carattere territoriale”. Le aziende, allora “devono costruire le condizioni per il consenso e per la conoscenza dei benefici – anche di servizio e ambientali – che l’investimento negli impianti porta con sé”.
Sul tema dell’end of waste, Braga ha detto che la norma ha “ampi spazi di miglioramento” e che “bisogna accelerare molto con l’emanazione di questi decreti”.
MORASSUT: NORMA SU END OF WASTE PASSO IN AVANTI, MA NON NASCONDIAMO LIMITI
Sempre sulla questione dell’end of waste, il sottosegretario al ministero dell’Ambiente Roberto Morassut ha detto che la norma votata ad ottobre “ha i suoi limiti ma è un punto di equilibrio e un passo in avanti” e che sta partendo, con trasparenza, il lavoro per i singoli decreti end of waste. Morassut ha ricordato quanto le procedure dietro questi decreti siano complesse e abbiano tempi importanti, ma anche che “non nascondiamo limiti e ritardi”.
Il programma nazionale per i rifiuti, secondo Morassut, è “lo strumento più importante per affrontare il tema dello squilibrio” tra Nord e Centro-Sud e per “entrare con un po’ più di sostanza nella discussione sugli impianti. Il dibattito è viziato da ideologismi”, mentre “il confronto con i territori si caratterizza per parole d’ordine” e non si entra nel merito delle innovazioni tecnologiche.