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Meloni

Auto elettriche, energia e Piano Mattei: “La versione” della Meloni nel libro-intervista di Sallusti

La premier Meloni rilancia l’Italia come hub energetico: “Cioè siamo lì come un ponte tra l’Africa e l’Europa Nord-Centro-Orientale. Ecco, il Piano Mattei vuole avvicinare questa domanda e questa offerta e l’Italia è la piattaforma ideale, direi naturale, per fare materialmente da centro di approvvigionamento e smistamento”

Questione accise e trivelle, ecologismo, indipendenza energetica, il Piano Mattei e le auto elettriche. Nel libro-intervista di Alessandro Sallusti a Giorgia Meloni “La versione di Giorgia” (Rizzoli, pp. 240, 18 euro), uscito in queste ore, la premier non si è tirata indietro su nessun argomento, nemmeno sulle tematiche relative ad ambiente ed energia.

ACCISE E TRIVELLE: “NON HO CAMBIATO IDEA”

Si parte con accise e trivelle: “Vedi, mi fanno morire questi che dicono: ‘Ecco, la Meloni ha cambiato idea su tutto, dalle accise all’Europa’. Ma non torna, se non altro perché se così fosse la sinistra dovrebbe essere contenta e farmi i complimenti, invece mi insulta molto più di prima. E sai perché? Perché invece noi stiamo dimostrando che si può governare senza svendersi, e questo crea in molti la consapevolezza di essersi svenduti. (…) Oggi le dico con toni diversi? Certo, faccio il presidente del Consiglio e mi trovo in una posizione ben diversa di quando ero leader dell’opposizione. (…) Ti faccio un esempio: in passato non sono mai stata entusiasta delle trivelle, avevamo gas e petrolio a sufficienza e addirittura in abbondanza. Un bel giorno la Russia ha invaso l’Ucraina ed è successo quello che è successo, quindi ora fra le trivelle e il lume di candela non ho dubbi: trivelle. E lo stesso vale per le accise sulla benzina. L’ho detto in passato e lo confermo: sono troppe, vanno abbassate appena i conti pubblici lo permetteranno, ma è falso dire, come ha provato a fare la sinistra, che nel programma elettorale di Fratelli d’Italia promettevamo il taglio delle accise, basterebbe leggerlo. Consapevoli dello stato dei conti che avremmo ereditato, abbiamo scritto un programma molto realistico, sincero direi. Abbiamo preso l’impegno di sterilizzare le maggiori entrate dello Stato derivanti dal caro carburante, sarebbe a dire di non fare cassa sull’aumento dei prezzi al distributore ma di destinare di volta in volta la maggiore IVA incassata per ridurre le accise pagate. È esattamente quello che abbiamo fatto una volta al governo. (…)”.

DISTINGUERE AMBIENTALISMO IDEOLOGICO DA ECOLOGISMO CONSERVATORE

La premier si è soffermata poi sulle differenze tra ecologismo di destra e di sinistra: “L’ecologista di sinistra, in Italia e nel mondo – in questo l’America insegna – è uno che mediamente vive nel centro di una grande città, magari nella ZTL, circondato da comodità e servizi che consumano enormi quantità di energia che producono inquinamento. Questo signore, sempre mediamente, il weekend carica su un capiente e potente SUV la sua mountain bike da tremila euro, ovviamente assistita da batterie perché non sia mai che ci si debba stancare, e va a pedalare su sentieri di zone incontaminate che fa molto chic. Bene, l’ecologista di destra è viceversa colui che in quelle zone incontaminate ci vive dentro e si fa un mazzo da mattina a sera per tenerle il più possibile sane e incontaminate nonostante l’intrusione inquinante dell’ecologista di sinistra nel fine settimana. È così in tutto il mondo occidentale”, si legge nel libro di Sallusti.

“(…) Ora, ho utilizzato questo paradosso per dire una cosa semplice, che distingue certo ambientalismo ideologico dall’ecologismo conservatore: per il primo la condizione necessaria a difendere la natura è allontanare l’uomo, per il secondo la natura si difende soprattutto con l’uomo dentro. Ergo, la prima regola per salvare l’ambiente è viverci, e curarlo ventiquattr’ore al giorno per trecentosessantacinque giorni all’anno, il che però è bello a dirsi e meno facile a farsi. (…)”, ha detto Meloni.

“L’unica possibilità è che la sostenibilità ambientale viaggi di pari passo con la sostenibilità economica e quindi con quella sociale. Bisogna trovare un punto di equilibrio (…)”, ha poi aggiunto la presidente del Consiglio chiedendo di evitare “catastrofismi” alla Greta Thunberg che “in un post su Twitter del 2018 di recente cancellato, aveva ipotizzato la fine del mondo nel 2023 (…)”.

“L’EUROPA DEVE TROVARE UNA SUA INDIPENDENZA ENERGETICA”

Altro nodo quello dell’indipendenza energetica: “O l’Europa trova una sua indipendenza energetica o è destinata a soccombere”, ha tuonato la premier che ha puntato il dito contro “il globalismo industriale e commerciale” definendolo “una trappola”

AUTO ELETTRICHE: SE ACCELERIAMO TROPPO LA TRANSIZIONE, 300 MILA PERSONE DISOCCUPATE

E sull’auto elettrica? “Tema bellissimo, chi di noi non vorrebbe mettersi alla guida di un’auto meno o addirittura non inquinante? Nessuno, immagino. Giusto? Giusto – ha chiosato la Meloni -. Ma c’è un piccolo particolare. Se acceleriamo troppo la transizione, cioè se pensiamo di produrre auto elettriche senza essere prima in grado di farlo in modo autonomo, sai cosa succede? In Italia finiscono per strada circa trecentomila persone, più o meno è questo il numero degli occupati diretti e indiretti del settore dei motori termici in Italia. In Germania il dato è ancora più alto e si stima che se smettessimo di produrre auto a benzina o a gasolio un milione di europei non avrebbe più un’occupazione. A pro di chi? Di nazioni che producono i componenti di quelle auto elettriche senza rispettare i diritti dei lavoratori e gli standard ambientali che noi ci siamo dati. L’inquinamento globale ne trae un beneficio? Ovviamente no”.

“(…) Sulle auto, la Germania è riuscita a fare introdurre gli, i carburanti sintetici a zero emissioni su cui la sua ricerca è molto avanti. Noi stiamo lavorando per aprire una strada anche ai biocarburanti che, grazie soprattutto a ENI, sono davvero a un passo dell’emissione zero. Insomma – ha aggiunto la premier – non puoi dirmi oggi, con la velocità raggiunta dallo sviluppo tecnologico, che cosa accadrà nel 2035. E utilizzando queste alternative noi possiamo salvare il nostro sistema industriale fondato sul motore a combustione, nel pieno rispetto dell’ambiente. Perché io ho un sospetto: pensare male, come si usa dire, sarà peccato ma spesso ci si azzecca”, ha evidenziato la premier aggiungendo che “è incredibile che non ci si renda conto del fatto che alcune scelte sembrano prive di senso (…)”.

IL PIANO MATTEI, “UN MODELLO DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO”

Capitolo Piano Mattei. Giorgia Meloni ha spiegato con chiarezza a Sallusti i contorni della sua politica di cooperazione: “Il Piano Mattei, un nome non a caso. (…) Ma il nome Mattei evoca altre due cose ancora attuali. La prima è che Mattei puntava all’indipendenza energetica e per questo sfidò le ‘sette sorelle’, cioè le sette grandi del mondo che operavano sotto lo stretto controllo di Stati Uniti e Regno Unito, a proposito di autonomia. La seconda è che lui il petrolio e il gas se li andò a cercare in Africa ma, a differenza di altri, sempre con grande attenzione alle esigenze economiche e umane degli Stati e dei popoli con i quali concludeva accordi”, ha spiegato la premier nel libro. “(…) Io credo nel secondo modello di cooperazione allo sviluppo, e il Piano Mattei per l’Africa risponde esattamente a questa convinzione. L’obiettivo è investire in Africa sulla produzione di energia, per lo più pulita, che vuol dire sviluppo per loro ma anche autonomia energetica per entrambi. È abbastanza semplice da spiegare”.

ITALIA HUB DEL MEDITERRANEO

Ancora più chiaramente, ha precisato la premier “basta prendere una cartina geografica del Mediterraneo e guardarla. L’Italia è esattamente lì, in mezzo tra chi l’energia – sia quella tradizionale, che quella da rinnovabili avendo un clima di un certo genere – può estrarla o produrla e chi quell’energia non ce l’ha ma ne ha un disperato bisogno. Cioè siamo lì come un ponte tra l’Africa e l’Europa Nord-Centro-Orientale. Ecco, il Piano Mattei vuole avvicinare questa domanda e questa offerta e l’Italia è la piattaforma ideale, direi naturale, per fare materialmente da centro di approvvigionamento e smistamento”.

“(…) Per quanto riguarda il perché, la risposta è semplice: perché non c’è alternativa – ha proseguito Meloni -. Chiusi i rubinetti con la Russia il problema dell’approvvigionamento energetico diventa centrale ed è fondamentale risolverlo. Certo ci vuole molta pazienza e, anche qui, molto lavoro. Ci vorrà un decennio almeno per cominciare a vedere le prime realizzazioni concrete, un tempo che sembra lungo ma non lo è al cospetto della storia. Ma una cosa per volta: oggi l’importante è convincere i nostri partner che sull’Africa l’Europa deve cambiare strategia”, si legge nel libro.

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