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Petrolio

La Cina sorpasserà l’America sulla raffinazione di petrolio

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, nel 2021 la Cina diventerà il paese con la maggiore capacità di raffinazione al mondo. Ma la crescita riguarda l’Asia più in generale

La crisi del coronavirus ha accelerato la transizione dell’industria della raffinazione da Occidente ad Oriente. Mentre infatti in Cina e in Asia la domanda di plastica e di carburante è tornata a salire, grazie ad una più rapida ripresa generale, in Europa e negli Stati Uniti la crisi economica sembra ancora profonda. Le compagnie energetiche americane ed europee, poi, si stanno confrontando con il passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, che ha creato ulteriore incertezza per le prospettive di lungo termine della domanda petrolifera.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), l’anno prossimo la Cina sorpasserà l’America e diventerà il paese con la maggiore capacità di raffinazione al mondo: un primato che Washington detiene “dall’inizio dell’era del petrolio”, scrive Bloomberg, verso la metà del Diciannovesimo secolo. Sul finire degli anni Sessanta la capacità di raffinazione americana era ancora superiore di 35 volte rispetto a quella cinese.

Ad alimentare l’incremento della capacità asiatica è la crescita della domanda di derivati del petrolio utilizzati per la produzione di materie plastiche. Secondo la società di consulenza Wood Mackenzie, l’Asia rappresenterà più della metà della capacità di raffinazione che entrerà in funzione dal 2020 al 2027; il 70-80 per cento di questa capacità sarà indirizzata alla produzione di plastica.

LE CONSEGUENZE

La crescita dell’industria della raffinazione cinese – ma non solo: pure l’India dice di voler raddoppiare la propria capacità in cinque anni – sta già influenzando il sistema energetico mondiale. Gli esportatori di petrolio, ad esempio, stanno vendendo più barili di greggio alle nazioni asiatiche piuttosto che ai tradizionali acquirenti in Europa e Nord America.

Le raffinerie cinesi, poi, stanno acquisendo talmente tanto peso sul mercato da influenzare la concorrenza e portare alla chiusura degli impianti più vecchi, più piccoli e meno efficienti: la Big Oil nederlandese Shell ha annunciato nei giorni scorsi che dimezzerà la capacità della sua raffineria a Singapore.

L’EUROPA TAGLIA, L’ASIA AUMENTA

Nonostante l’aumento della capacità in Cina e in India, la domanda di petrolio non si è ancora ripresa dalla crisi del coronavirus ed impiegherà anni per tornare – ammesso e non concesso – ai livelli precedenti alla pandemia. L’IEA prevede che per la fine del 2020 il consumo globale di petrolio arriverà a toccare il minimo di 91,3 milioni di barili al giorno: 8,8 milioni in meno rispetto al 2019.

Circa i due terzi dei raffinatori europei non riescono a ricavare profitti sufficienti a coprire i costi. Secondo l’analisti Hedi Grati di IHS Markit, l’Europa dovrà ridurre la sua capacità di raffinazione giornaliera di ulteriori 1,7 milioni di barili in cinque anni. La crisi della raffinazione, tuttavia, precede l’inizio della pandemia: nel 2019 la capacità globale di lavorazione del greggio era di 102 milioni di barili al giorno, ma la domanda di prodotti raffinati arrivava soltanto ad 84 milioni.

In Cina, invece, negli ultimi vent’anni la capacità di raffinazione è quasi triplicata per poter rispondere alla rapida crescita dei consumi di benzina e diesel. Nel 2020 questa capacità dovrebbe arrivare a 17,5 milioni di barili al giorno; nel 2025 – secondo le stime della compagnia petrolifera CNPC – raggiungerà i 20 milioni. È però possibile che la domanda petrolifera in Cina tocchi il suo picco proprio nel 2025, per poi iniziare a decrescere mentre il paese si avvia verso la neutralità carbonica, che dovrebbe raggiungere nel 2060.

In India, il primo ministro Narendra Modi ha annunciato che il paese raddoppierà la sua capacità di raffinazione entro il 2025, portandola ad 8 milioni di barili al giorno. A giugno il ministro dell’Energia aveva detto che la capacità annuale sarebbe passata dalle attuali 250 milioni di tonnellate a circa 450-500 milioni in dieci anni.

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