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Anev

Cosa manca all’Ue per svoltare sull’energia eolica?

Secondo uno studio Anev-WindEurope, i problemi sono legati alle autorizzazioni ma anche alle aste, ai rincari delle materie prime e alla concorrenza internazionale

Le parole chiave di questo momento storico, di questi mesi, sono legate alle fonti fossili. Il gas, il petrolio, il carbone, il nucleare. Fonti tradizionali richiamate costantemente per rispondere alla questione della sicurezza energetica, ai ricatti russi sulle forniture dopo l’invasione putiniana dell’Ucraina. E si ragiona di meccanismi economici connessi alla questione energetica: price cap, embargo, sanzioni varie.

Di transizione, invece, si parla sempre in ottica futura. Quando invece i progetti per metterla in atto fanno parte del presente. L’Unione europea, tra pandemia e guerra russa in Ucraina ha avviato un percorso di Recovery e di strutturazione – tramite il RePowerEU – di un futuro sostenibile, pulito, che concretizzi l’abbandono alle fonti inquinanti e favorisca la riduzione progressivo delle emissioni.

AUTORIZZAZIONI E NON SOLO, COSA BLOCCA L’EOLICO EUROPEO

Ma, rimanendo sul presente, proprio quei progetti – in ambito continentale – presentano delle difficoltà. Sul settore eolico, ad esempio, Anev e WindEurope hanno evidenziato che gli ostacoli maggiori sono quattro. In primo luogo, le autorizzazioni lente fanno sì che solo 18 GW sui 39 previsti dal piano comunitario siano in fase di realizzazione. Nel 2021, si legge dall’infografica pubblicata dall’associazione, sono stati realizzati undici Gigawatt. Poi ci sono le aste: il criterio price-based porta la corsa al ribasso, comportano costi aggiuntivi. Ancora, i prezzi delle materie prime: l’acciaio, le spedizioni, le forniture costano di più. Infine, la concorrenza cinese. Che battono l’industria europea aggiudicandosi i progetti con prezzi migliori.

Sui prezzi, si legge ancora dall’infografica Anev, gli introiti dei produttori europei sono fissi e non beneficiano dei rialzi da mercato. I contratti, infatti, o sono d’asta o sono a lungo termine.

COME SVOLTARE, A BRUXELLES E A ROMA

Cosa serve, allora, per risolvere queste criticità? Semplice: sburocratizzare i processi di approvazione dei progetti, ridefinire i criteri delle aste e incanalare i fondi comunitari verso la filiera europea.

Questi problemi, tra l’altro, sono presenti anche in Italia. Dove pesa soprattutto la questione autorizzativa. Ne ha parlato A2a al forum Ambrosetti di Cernobbio dello scorso weekend. Il Belpaese può arrivare ad una autonomia energetica quattro volte superiore a quella attuale. Produciamo soltanto il 22,5% di quanto poi consumiamo, serve fare di più.

Ieri, intanto, nel Piano Cingolani per i risparmi domestici di energia si è ribadito il percorso sulle rinnovabili. Dal 2023 dovranno essere 8 i GW a regime per dare costanza ad un processo di transizione che ad oggi è ancora critico.

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