Verso le votazioni in Europarlamento su quattro fronti del Green Deal: Ecodesign, imballaggi, due diligence e qualità dell’aria. Le posizioni dei partiti italiani sui temi verdi e l’ipotesi di una nuova legislatura meno ideologica
Un mese e mezzo poi, forse, cambierà tutto. Dell’assetto e le caratteristiche della nuova Unione Europea post voto si parla ormai da mesi. Sono salde le ipotesi per cui la prossima legislatura a Bruxelles vedrà un’agenda molto meno verde e molto più securitaria, concentrata sui temi della Difesa, della protezione dall’esterno sia in termini migratori che industriali. E allora ecco che per proseguire la transizione energetica occorre rimodulare vincoli troppo stringenti. Per recuperare terreno competitivo su Usa e Cina, meglio rafforzare il percorso di messa in sicurezza e diversificazione delle forniture, di sfruttamento delle proprie infrastrutture e di rimodulazione delle alleanze dopo la nuova invasione della Russia in Ucraina. Ecco perché il rush finale del Green Deal disegnato dalla Commissione attuale a guida Ursula von der Leyen sa tanto di “O la va o la spacca”. Perché, appunto, presto potrebbero cambiare le priorità in agenda.
GLI ULTIMI PASSI DEL GREEN DEAL
Se tra una settimana sarà la volta della due giorni del G7 Ambiente ed Energia a Torino, nella settimana che inizia oggi con la Giornata della Terra ci sarà tanta carne al fuoco da cucinare a Bruxelles.
Come ricorda oggi Il Sole 24 Ore, infatti, saranno in discussione le norme per mitigare l’impatto ambientale, dal regolamento Ecodesign (Espr) sulla progettazione ecocompatibile e le direttive Corporate social due diligence (Csddd) o Supply Chain Act, all’Ambient air quality and cleaner air for Europe finendo con il regolamento Packaging and packaging waste.
“La direttiva sulla qualità dell’aria è cruciale perché aggiorna significativamente i nostri standard, che hanno 15-20 anni, quasi dimezzando i valori-limite di inquinamento atmosferico ammessi dalla legge”, ha commentato il relatore Javi López citato dal quotidiano confindustriale. Mentre sul regolamento per gli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, Il Sole ricorda che “il target principale riguarda la riduzione dei rifiuti (-5% nel 2030 e -15% nel 2040), ma vengono anche vietati gli Pfas negli imballaggi a contatto con alimenti, e fissati livelli minimi di contenuto di materiale riciclato. Riguardo alla plastica – tema della Giornata della Terra di quest’anno – entro il 2029 tutti i Paesi dovranno garantire la raccolta differenziata di almeno il 90% annuo delle bottiglie monouso e, entro il 1 gennaio 2030, saranno vietati alcuni formati di imballaggi in plastica monouso e sacchetti.”.
DOPO IL VOTO CAMBIA TUTTO?
Sempre dal quotidiano economico rosa si ricordava stamani che “non mancano le proposte di normative che, nell’ambito del Green Deal, sono state promesse ma mai realizzate. Oppure, pur essendo arrivate quasi al traguardo, sono ancora in fase di stallo”. Su tutte, la Nature Restoration Law sul ripristino degli ecosistemi. Ma sono stati tanti i dossier che hanno visto fare a braccio di ferro tra i più oltranzisti e i più conservatori: dallo stop alle auto a combustione fino alle caldaie passando per le diverse fasi della definizione della tassonomia (con l’inserimento del nucleare) o i dietrofront per attenuare le proteste degli agricoltori.
Nella continua divisione tra Green Deal e Green Dream, adesso i nodi stanno per venire al pettine. Uno studio di Climate Action Network Europe, European Environmental Bureau, WWF European Policy Office, Transport & Environment e BirdLife Europe ha certificato che Pd, M5S ed Europa Verde hanno votato sempre per portare avanti i dossier del Green Deal. In vista di uno spostamento probabile dell’asse europeo a destra, da Renew a Ecr, i partiti appartenenti a questi gruppi hanno votato progressivamente secondo sensibilità più economiche e industriali anziché ambientali.
Chiara Martinelli, direttrice di Climate Action Network Europe, ha avvertito: “È giunto il momento che i cittadini europei si sveglino di fronte alla reale possibilità di un Parlamento europeo pieno di pensatori preistorici e che vadano a votare a favore di partiti garanti del clima, ne abbiamo tanto bisogno per migliorare e rafforzare il Green Deal europeo”. William Todts, direttore della campagna Transport & Environment, ha suggerito: “L’UE è una forza positiva quando si tratta di azione per il clima”, facendo ciò che i governi nazionali non han fatto.
LA ROAD MAP DI LETTA PER UN NUOVO GREEN DEAL?
A prescindere dall’esito del voto di giugno, la nuova legislatura europea non potrà che tener conto delle indicazioni venute fuori dai rapporti di Enrico Letta (consegnato giovedì) e Mario Draghi, anticipato da un discorso e che sarà pubblicato nelle prossime settimane. Per una Unione ancora più efficace e salda servirà un mercato interno più forte. Le sfide esterne da affrontare, anche energetiche e industriali, sono tante.