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Putin Russia Gas

La Russia entra in Donbass. Cosa succede al gas in Europa?

Cosa aspettarci sul fronte energetico dopo l’entrata di Putin nell’est dell’Ucraina. Tra Nord Stream 2 e altre vie del gas

La serata di ieri ha visto accelerare la crisi Russia-Ucraina. Le truppe moscovite hanno cominciato ad entrare nella regione orientale del Donbass dopo che Vladimir Putin parlando alla nazione aveva riconosciuto ufficialmente l’indipendenza delle province di Donetsk e Luhansk. Un via libera che ha di fatto creato il pretesto per muovere finalmente i mezzi militari sul posto con la scusa della garanzia della pace.

Il discorso, pieno di retorica, del capo del Cremlino ha così definitivamente aperto occhi ed orecchie ad un’Europa sin qui apparentemente mostratasi compatta nel reagire all’arroganza moscovita ma troppo tardiva nel prendere forse una posizione più decisa. Basti pensare a due elementi che confermano tutto ciò. Da un lato, l’estrema cautela del cancelliere tedesco Scholz nel mediare tra Bruxelles e Mosca. Dall’altro, la gradualità dell’intervento italiano prima con il doppio viaggio del capo degli Esteri Luigi Di Maio a Mosca e Kiev, poi con il programma della visita del premier Draghi per questa settimana incalzato nel frattempo dal susseguirsi degli eventi.

LA RISPOSTA OCCIDENTALE

Soffermandoci sul lato tedesco, è possibile ricostruire il quadro delle incertezze del Vecchio Continente nell’interporsi tra le strategie di Washington e le provocazioni russe.

Gli Stati Uniti hanno sin qui agito su un doppio percorso. Svelare in tempo reale ogni possibile blitz di Mosca così da neutralizzarlo e ragionare con l’Unione europea sulle alternative energetiche. Il fronte occidentale tutto, invece, ha percorso la strada delle sanzioni occidentali all’ex Unione Sovietica, battuta sin dall’inizio della ripresa delle ostilità ucraine. Ma è un discorso attivo almeno dal 2014, anno dell’annessione coatta della Crimea da parte russa. Per il resto, la deterrenza ora dovrà lasciare posto a risposte più decise visto l’inasprimento delle tensioni della serata di ieri.

LA QUESTIONE ENERGETICA

E’ vero, Bruxelles importa praticamente tutto il suo riscaldamento e l’energia da Putin. Di più, continua a non sbloccarsi la situazione sul fronte Nord Stream 2. Soltanto una settimana fa, lo stesso inquilino del Cremlino – ricevendo proprio il cancelliere Scholz – ribadiva la natura commerciale del progetto, nonché la garanzia di una protezione energetica a tutta Europa. Il Nord Stream 2 raddoppierebbe la capacità annuale dell’esistente gasdotto Nord Stream attraverso il Mar Baltico, portandolo a 110 miliardi di metri cubi di gas, più della metà delle attuali esportazioni di gas del gasdotto russo verso l’Europa. Entrambi i progetti sono concepiti per aggirare l’Ucraina, che una volta era una via chiave per le esportazioni di gas della Russia verso l’Europa, privando Kiev di miliardi di dollari di entrate dalle tasse di transito.

“Ci impegniamo a garantire che il transito del gas in Europa funzioni attraverso l’Ucraina, la Bielorussia, la Polonia e il Nord Stream 1 secondo gli accordi che abbiamo – ha affermato – e vogliamo anche garantire uno sviluppo pacifico in Europa, che non ci sarà alcun confronto militare in Ucraina. Se ci sarà, avrà delle conseguenze di vasta portata” aveva risposto Scholz. Ora l’invasione ucraina è in atto, la Germania come si muoverà?

E soprattutto, come si possono conciliare le diverse posizioni? “Non siamo mai stati dell’opinione che il Nord Stream 2 fosse interesse dell’Europa. Questo era assolutamente chiaro fin dal principio” aveva dichiarato alla stampa berlinese la vice presidente della Commissione Ue Margarethe Vestager.

LE ULTIME DICHIARAZIONI

Ma la minaccia militare russa “è una messa a dura prova dei piani di investimento nelle energie rinnovabili e nell’idrogeno”, ha detto ieri un funzionario degli Esteri di Berlino.

Intanto, il leader ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto la sospensione immediata del progetto dopo la decisione del presidente russo Vladimir Putin di riconoscere le due repubbliche separatiste del Donbass, scrive il Corriere della Sera.

Di pronta risposta, “la Russia intende continuare le forniture ininterrotte di gas e GNL ai mercati globali” ha dichiarato poco fa Vladimir Putin. Immediata la contro-risposta da Berlino che può aprire nuovi ribaltamenti.

“Non ci può essere alcuna certificazione del gasdotto e senza questa certificazione, Nord Stream 2 non può iniziare a funzionare”, ha detto in una conferenza stampa con la sua controparte irlandese.  “I dipartimenti competenti del ministero dell’Economia faranno una nuova valutazione della sicurezza del nostro approvvigionamento alla luce di ciò che è cambiato negli ultimi giorni”.

VIE D’USCITA

A prescindere dal tam tam di dichiarazioni del giorno, come uscirne? Alcune proposte erano comparse qualche giorno fa sulle pagine del Foglio. “L’attivazione del NS2, aumentando l’offerta diminuirebbe il costo del gas, garantendo il prosieguo della ripresa economica europea e raffreddando l’inflazione. Ma questo tempo deve essere sfruttato per aumentare la diversificazione delle fonti del gas” aveva detto il ricercatore dell’Ispi Alessandro Gili.

Vedremo se, dopo i fatti della notte, si avvererà invece l’opzione paventata da Alberto Clò della Rivista Energia. “Ci troviamo a essere un vaso di coccio nella morsa Russia-Germania, dovendo anche subire l’aggravio dei costi di trasporto del metano fissati dalle autorità tedesche” aveva dichiarato al Foglio, per il quale “in caso di conflitto” tra Mosca e Kiev” si interromperà il processo autorizzativo.

Intanto, al Gas Exportig Countries Forum di Doha, il ministro per l’energia azero Parviz Shahbazov ha informato che “dalla messa in servizio, 14,8 miliardi di metri cubi di gas sono stati esportati in Turchia tramite TANAP e 9,4 miliardi di metri cubi in Europa tramite TAP”.

VISTO DALL’ITALIA

«Voglio prima di tutto esprimere la mia più ferma condanna per la decisione del governo russo di riconoscere i due territori separatisti del Donbass. Si tratta di un’inaccettabile violazione della sovranità democratica e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Sono in costante contatto con gli alleati per trovare una soluzione pacifica alla crisi ed evitare una guerra nel cuore dell’Europa. La via del dialogo resta essenziale, ma stiamo già definendo nell’ambito dell’Unione Europea misure e sanzioni nei confronti della Russia» ha dichiarato Mario Draghi, a commento dei fatti della notte.

Sempre da casa nostra, un’altra voce pervenuta è quella del neo eletto segretario di Azione, Carlo Calenda.

“Dobbiamo ripristinare un vasto programma di estrazione gas nel mediterraneo e costruire/raddoppiare gasdotti (eastmed e tap) e rigassificatori. Non possiamo rimanere nelle mani di Putin. E magari è la volta buona di riconsiderare il nucleare. È questione di sicurezza nazionale” ha scritto stamani su Twitter l’ex ministro.

Il riferimento è dunque alla necessità di percorrere vie alternative al gas moscovita. Nel viaggio di Draghi a Mosca, programmato per questa settimana e non ancora annullato nonostante l’entrata in Donbass, si dovrebbe riaffrontare la questione della dipendenza energetica. Lo stesso Putin qualche giorno fa aveva detto a Di Maio che “la Russia sta rispettando i suoi obblighi contrattuali ed è pronta a fornire quantità aggiuntive se sono necessarie”.

IL DL ENERGIA

L’ultimo intervento esecutivo approvato venerdì dal governo Draghi interviene sia contro il caro-bollette sia sulla diversificazione delle fonti energetiche. “Quella che si gioca sugli idrocarburi è una partita che vale circa due miliardi di metri cubi di gas all’anno, più della metà della produzione attuale. Al momento, infatti, i giacimenti italiani ne estraggono 3,2 miliardi: il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani vuole portare quella quota a 5 miliardi senza nuove trivellazioni, puntando cioè sull’aumento della produzione da impianti già in funzione” scriveva ieri Repubblica.

Da 1 GW annui però dovremmo passare a 7 per arrivare agli obiettivi del 2030. La strada italiana può essere quella dell’energia solare per recuperare tempo e migliorare l’efficienza degli edifici. D’altronde, lo stesso Dl approvato cerca di facilitare l’installazione di pannelli, impianti a terra e progetti per una rete ferroviaria verde.

LO STATUS DELLE RINNOVABILI

Ma, l’ultimo report di Rystad Energy sottolinea di fatto una vera emergenza nel poco ricorso a idroelettrico ed eolico, aumentando la pressione su altre fonti di energia, incluso il carbone, per colmare il divario. La rinascita del carbone lo scorso anno “è stata innescata da altre componenti del mix energetico continentale che devono affrontare nuove sfide, inclusi prezzi record del gas e tensioni tra Russia e Ucraina, che hanno sollevato interrogativi sulla sicurezza a lungo termine delle importazioni di gas attraverso i gasdotti gestiti dalla Russia”.

IL RUOLO DI ENI

Un’altra posizione rilevante sul tema l’ha espressa ieri il capo di Acciaierie d’Italia Franco Bernabè. La soluzione secondo il suo punto di vista non sarebbe tanto aumentare le estrazioni ma diversificare le fonti. Eni può giocare in prima linea nel Mediterraneo Orientale, tra Cipro, Egitto e Israele. Servono infrastrutture.

Dunque, gli scenari appaiono in continua evoluzione dopo l’accelerata di ieri sera. Le vicende energetiche continueranno ad essere al centro di ogni risvolto nei rapporti tra Russia ed Europa.

 

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