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Messico

Il Messico vuole penalizzare l’accesso delle rinnovabili alla rete

Il progetto di legge in Messico potrebbe mettere a rischio investimenti privati nella generazione dell’elettricità per 41 miliardi di dollari

Il Messico ha proposto una legge per la riforma del mercato nazionale dell’energia elettrica che – stando alla sintesi del Financial Times – avrebbe l’effetto di favorire l’utility elettrica statale, penalizzare l’uso delle fonti rinnovabili e provocare tensioni economiche con gli Stati Uniti e il Canada, due dei più importanti partner commerciali del paese.

Il progetto di legge arrivato al Congresso messicano, se approvato, cambierà l’ordine di immissione dell’energia elettrica nella rete nazionale, mettendo gli operatori privati dietro alla Comisión Federal de Electricidad (CFE), la società statale dell’elettricità. Le fonti rinnovabili – gli impianti sono gestiti da aziende private – andrebbero così a perdere la priorità di accesso alla rete garantitagli dalla loro maggiore economicità.

È molto probabile che la legge venga approvata, dato che il partito del presidente Andrés Manuel López Obrador – un populista e nazionalista di sinistra – possiede la maggioranza in entrambe le camere del Congresso.

GLI OBIETTIVI DEL GOVERNO MESSICANO

Il progetto di legge è stato descritto dal Financial Times come il tentativo più audace visto finora di cambiare le regole del settore energetico messicano. Il presidente López Obrador non ha del resto mai nascosto la sua avversione per la riforma del 2013, che aveva messo fine al monopolio statale: ha accusato i privati di aver abusato della liberalizzazione del settore e vuole che lo stato ripristini il proprio controllo sulle risorse naturali attraverso un rafforzamento delle aziende pubbliche dell’energia (come la CFE e la compagnia petrolifera PEMEX).

Delle rinnovabili López Obrador ha parlato come di un “sofisma”, ovvero di una scusa utilizzata dalle precedenti amministrazioni “neoliberali” per giustificare la privatizzazione del settore dell’elettricità. Al contrario, il presidente preferisce puntare sul carbone e sul greggio.

L’amministrazione di López Obrador sta già da tempo portando avanti un piano informale di scardinamento “dall’interno” della riforma liberalizzatrice, scoraggiando l’iniziativa privata per favorire le società statali. Le rinnovabili, inoltre, sono state più volte descritte come fonti inaffidabili e non in grado di garantire la stabilità del sistema elettrico.

LE POSSIBILI CONSEGUENZE

Secondo un ex-funzionario del settore energetico messicano sentito dal Financial Times, il progetto di legge potrebbe mettere a rischio investimenti privati nella generazione dell’elettricità per 41 miliardi di dollari. Gli analisti prevedono inoltre azioni legali da parte delle aziende, che potrebbero anche appellarsi alle regole contenute nel trattato di libero scambio tra il Messico, gli Stati Uniti e il Canada, l’USMCA.

Pablo Zárate della società di consulenza FTI Consulting ha notato che, anche se il progetto di legge “non menziona espropriazioni o nazionalizzazioni, sembra proprio il tipo di mossa che si può dire abbia effetti espropriativi”.

Il mese scorso, in una lettera firmata anche dall’ex-segretario di stato americano Mike Pompeo, gli Stati Uniti hanno chiesto al Messico di rispettare gli “impegni” presi con l’USMCA, menzionando le conseguenze economiche – sia in termini di investimenti privati che di aiuti allo sviluppo – di questa politica di favoreggiamento delle società statali dell’energia.

NIENTE AUTOPRODUZIONE PER LE INDUSTRIE

Tra le altre cose, il progetto di legge potrebbe cancellare le aste a lungo termine per l’acquisto di energia, descritte come un “meccanismo perverso” che favorirebbe gli operatori privati danneggiando invece la CFE. E potrebbe cancellare anche i cosiddetti self-supply contracts, i contratti di auto-fornitura (in vigore dal 1992), che consentono alle industrie di autoprodurre energia elettrica per il consumo diretto.

In assenza di questi contratti le aziende dovrebbero rivolgersi alla CFE, pagando prezzi più alti visti i costi maggiori dell’energia prodotta negli impianti della società.

La legge contiene anche dei provvedimenti che consentiranno alle vecchie centrali idroelettriche della CFE di ottenere certificati di energia pulita. Secondo gli analisti, una mossa simile finirebbe per disincentivare gli investimenti nelle energie rinnovabili.

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