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Nucleare

Anche Pechino rallenta sul nucleare

Il piano di sviluppo di nuovi reattori sta frenando come nel resto del mondo. Pesa l’effetto Fukushima e i maggiori costi per la sicurezza degli impianti

Cina e nucleare non sono più, come un tempo, un binomio inscindibile. Per anni il governo di Pechino è stato il più tenace sostenitore di questo tipo di energia: dei quatto reattori avviati in tutto il mondo nel 2017, tre si trovano in Cina e il quarto è stato realizzato dalla China National Nuclear Corp (Cnnc) in Pakistan. Per questo la capacità di generazione nucleare cinese è cresciuta del 24% nei primi 10 mesi del 2018.

MA CI SONO DEI PROBLEMI

Nucleare BangladeshIn sostanza, il paese ha la capacità di costruire 10-12 reattori nucleari all’anno. Ma anche se i reattori partiti diversi anni fa sono ancora in funzione, l’industria nucleare cinese non ha annunciato nessun nuovo impianti dalla fine del 2016 secondo il recente World Nuclear Industry Status Report. Ufficialmente la Cina vede ancora l’energia nucleare come un “must-have”. Ma non ufficialmente, la tecnologia è a un passo dall’essere abbandonata. Secondo gli esperti, compresi alcuni con legami con il governo di Pechino, il settore nucleare cinese sta per soccombere sotto gli stessi problemi che colpiscono l’Occidente: la tecnologia è troppo costosa, e i cittadini non la vogliono.

LO SHOCK DALL’INCIDENTE DI FUKUSHIMA

L’incidente di Fukushima del 2011 ha scioccato anche i funzionari e i cittadini cinesi. Un’indagine governativa dell’agosto 2017 ha rilevato che solo il 40% degli intervistati sostiene lo sviluppo dell’energia nucleare. Malgrado ciò, il problema maggiore è di natura finanziaria. I reattori costruiti con caratteristiche di sicurezza aggiuntive e sistemi di raffreddamento più robusti per evitare un disastro simile a Fukushima sono dispendiosi, mentre i costi dell’energia eolica e solare continuano a crollare: secondo Bloomberg New Energy Finance sono ora più economici del 20% dell’elettricità proveniente dalle nuove centrali nucleari cinesi. Inoltre, gli elevati costi di costruzione, rendono il nucleare un investimento rischioso. E sono finiti i giorni in cui l’energia nucleare era necessaria per soddisfare l’impennata della domanda cinese di elettricità. All’inizio degli anni 2000, il consumo di energia elettrica cresceva di oltre il 10% all’anno. Negli ultimi anni, con il rallentamento della crescita e la diversificazione dell’economia, la domanda di energia elettrica è cresciuta, in media, a meno del 4%. Il disincanto della Cina nei confronti dell’energia nucleare corrisponde, quindi, a un calo generale della produzione nucleare in altre parti del mondo. Se anche la Cina dovesse rinunciare al nucleare, potrebbe suonare la campana a morte per una fonte stabile e priva di carbonio che molti considerano cruciale per arginare il cambiamento climatico.

COME FUKUSHIMA HA CAMBIATO TUTTO

I pianificatori energetici cinesi hanno lanciato l’industria nucleare negli anni ’80 con la realizzazione di impianti come Daya Bay. Nel 2005 il paese ha poi iniziato una massiccia ondata di costruzioni per risolvere la persistente penuria energetica e combattere il peggioramento dell’inquinamento atmosferico causato dalle numerose centrali a carbone del paese. Nel 2009 i piani alti cinesi si aspettavano che la capacità nucleare del 2020 avrebbe raggiunto una percentuale 10 volte superiore a quella del 2005. Poi, con il disastro di Fukushima, i leader cinesi si sono resi conto che se un incidente simile si fosse verificato in Cina, il danno non si sarebbe limitato all’esplosione e alle ricadute nucleari. Ma avrebbe messo in discussione la competenza stessa del governo. A distanza di pochi giorni dall’incidente giapponese, la costruzione di reattori nucleari in Cina è stata quindi congelata. Quando la costruzione è ripresa mesi dopo, al termine di un’ondata di ispezioni, Pechino ha insistito sul fatto che i futuri progetti nucleari avrebbero dovuto adottare soluzioni più avanzate con caratteristiche di sicurezza aggiuntive. Il danno tuttavia, era già stato fatto. Nel 2013 oltre un migliaio di persone si sono riunite a Jiangmen, a est di Hong Kong, per bloccare un impianto di creazione del combustibile all’uranio. Nel 2016 i funzionari locali hanno sospeso i lavori preliminari di un sito a Lianyungang, nella provincia di Jiangsu nord-orientale, dopo un tumulto provocato dall’intenzione di realizzare nella zona un impianto di riciclaggio del combustibile nucleare esaurito. Sulla scia di questa protesta, il Consiglio di Stato cinese ha modificato i suoi regolamento sulla gestione dell’energia nucleare, imponendo agli sviluppatori di tenere udienze pubbliche prima di collocare gli impianti.

UN EPR E UN AP1000 UN FUNZIONE NEL 2018

nucleare FranciaLo scorso giugno sono entrati in funzione in Cina due dei reattori tra i più avanzati al mondo: un AP1000 di progettazione statunitense e un EPR franco-tedesco. In teoria, questi reattori sono a rischio molto ridotto di un incidente tipo Fukushima. Nell’impianto giapponese, le onde dello tsunami hanno inondato i generatori di riserva necessari per mantenere in funzione le pompe del refrigerante e la catastrofica perdita di refrigerante ha causato la fusione di tre dei sei reattori dell’impianto. Il modello AP1000 immagazzina acqua sopra il reattore che può essere alimentata per gravità per mantenere freddo il nocciolo in caso di guasto delle pompe. I reattori EPR utilizzano generatori multipli ridondanti e sistemi di raffreddamento per ridurre il rischio di fusione. Ma aggiungere sicurezza fa lievitare i costi. Con 52,5 miliardi di yuan (7,6 miliardi di dollari) per un impianto AP1000 con la tipica configurazione di due reattori, il costo di costruzione è quasi il doppio rispetto alla tecnologia convenzionale comunemente utilizzata in Cina. Wenke Han, ex capo dell’Energy Research Institute, braccio della potente Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Riforma che pianifica l’economia cinese, ha definito l’energia nucleare “molto costosa”. Aggiungendo: “L’energia nucleare in Cina ha iniziato ad affrontare una concorrenza sui prezzi, e certamente dovrà affrontare maggiore concorrenza in futuro”. per questo il carbone rimane la fonte di energia più economica in Cina, ma gli operatori devono affrontare le richieste del governo di utilizzare più energia rinnovabile per limitare l’inquinamento atmosferico. Con la pressione che arriva da entrambe le direzioni, anche le centrali nucleari attualmente in funzione sono sottoutilizzate. In media hanno utilizzato l’81% della loro capacità di generazione nel 2017, il 10% in meno rispetto a cinque anni prima, rendendo l’elettricità che producono ancora più costosa.

OPZIONI IN DIMINUZIONE

Ultimamente il governo non ha fatto molti proclami sulla politica nucleare. Il suo programma ufficiale, aggiornato l’ultima volta nel 2016, prevede l’installazione di 58 gigawatt di capacità di generazione nucleare entro il 2020 e la costruzione di altri 30 GW. Tutti gli esperti concordano però sul fatto che la Cina non raggiungerà mai il suo obiettivo per il 2020 forse potrebbe farlo al 2022 o più tardi, mentre le proiezioni pre-Fukushima di 400 GW o più entro la metà del secolo sembrano ormai pura fantascienza. Han si è detto pronto a scommettere che quando il paese avrà realizzato gli 88 GW nel suo piano 2020, passerà ad altre fonti di energia. Altri analisti credono, invece, che la Cina continuerà a costruire reattori, ma a un ritmo più lento rispetto al passato. Il paese sta sviluppando un proprio progetto avanzato, l’Hualong One, e potrebbe voler proteggere l’industria nucleare, compresi i suoi nascenti sforzi per esportare il nuovo reattore: CNNC ne sta costruendo due in Pakistan mentre CGN sta cercando di ottenere l’approvazione di un progetto nel Regno Unito. CNNC ne sta costruendo due anche a Fuqing, nella provincia sudorientale del Fujian. La costruzione è iniziata nel 2015, e dovrebbe terminare nel 2019, prima del previsto. Se l’Hualong One si dimostrerà troppo costoso, le speranze nucleari della Cina saranno riposte nel programma di reattori avanzati, uno sforzo per sviluppare una nuova generazione di tecnologie che includono reattori raffreddati a gas ad alta temperatura, o raffreddati con sodio metallo o sale e versioni più piccole di reattori ad acqua pressurizzata. Questi progetti sono pensati per essere più economici da costruire e far funzionare, e molto più sicuri dei reattori convenzionali. Ma finora non ci sono ancora prove che uno qualsiasi di questi impianti risolverà i problemi del nucleare. Un reattore raffreddato al sodio completato vicino a Pechino nel 2011 ha avuto problemi proprio nei sistemi di raffreddamento. Mentre l’aumento dei costi di una coppia di reattori raffreddati a gas ad alta temperatura in via di completamento nella baia di Shandong ha posto fine ai piani per la realizzazione di altri 18 reattori di questo tipo nel sito. C’è sempre la possibilità di una svolta che renda il nucleare sicuro e abbastanza economico da competere con le fonti rinnovabili e il carbone. Ma anche i giganti nucleari cinesi stanno coprendo le loro scommesse. Sia la CGN che l’azienda di Stato che finanzia gli investimenti AP1000 della Cina si collocano tra i primi 10 operatori mondiali nel settore delle energie rinnovabili.

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