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Fotovoltaico

Perché serve analizzare meglio i dati sui pannelli solari

Fatti, numeri, scenari sul settore del fotovoltaico. Secondo Un’altra via serve più attenzione ai dati sulle emissioni

La guerra russa in Ucraina ha messo più che mai in primo piano il tema dell’energia, vero. Così come è vero che ha costretto i governi, specie quelli occidentali, a ridisegnare le strategie sulla transizione alle energie rinnovabili. Oggi, più di prima, si parla ancora di gas e combustibili fossili. Ma provando a proiettarci già sul campo delle nuove risorse, il fotovoltaico è un settore che offre già numerosi spunti.

LA CRESCITA DEL FOTOVOLTAICO SUI TETTI

Prendiamoci ancora un attimo prima di arrivare dritti al focus dell’analisi dell’associazione fondata da Enrico Mariutti, Analyst consultant in Economics, Climate and Energy Policy e contributor con la rubrica La decarbonizzazione felice per il Sole 24 Ore. E allora, circoscrivendo il campo ai pannelli da tetto, uno degli ultimi report di Rystad Energy aveva rilevato margini di crescita interessanti del settore. Le installazioni solari fotovoltaiche sul tetto sono destinate a salire nei prossimi tre anni, con una capacità totale che raggiungerà i 94,7 gigawatt (GW) entro il 2025, secondo l’analisi del centro di ricerca. “La crescita continuerà una recente tendenza al rialzo per il mercato solare sul tetto, a seguito di un’adozione relativamente lenta dal 2010 al 2016”.

SIMONE ZILIO, GIH: QUESTA TECNOLOGIA NON CONSUMA SUOLO 

Conferme ancora più recenti sulla potenzialità del fotovoltaico sono arrivate giovedì. Infatti, su Energia Oltre abbiamo intervistato Simone Zilio di Green Ideal Holding. “Il fotovoltaico ha ripreso vigore nell’ultimo anno e mezzo anche a seguito della crisi energetica che ha visto un aumento dei prezzi dell’energia di 4-5 volte rispetto al passato”, ha detto senza giri di parole. “Il governo nei primi mesi di quest’anno ha fatto dei decreti molto specifici per ridurre la dipendenza energetica dagli altri paesi e in particolare dalla Russia e ha messo in campo delle semplificazioni agli iter autorizzativi soprattutto per il fotovoltaico che nei prossimi 7-8 anni sarà la fonte di produzione di energia più sostenuta: sono previsti circa 30mila MW per il settore residenziale e l’industria ma anche per impianti di grande scala che vanno da 1MW fino a 100MW”.

ALLEANZA PER IL FOTOVOLTAICO: IL PIANO PER 40GW DI NUOVI IMPIANTI

Per dare l’idea dell’impegno e della stretta attualità che il fotovoltaico sta riscontrando in Italia, Alessandro Ceschiat di Alleanza per il Fotovoltaico in Italia ha fornito altri numeri interessanti intervenendo in audizione in Senato mercoledì scorso. “Abbiamo previsto investimenti complessivi per 14 miliardi di euro senza bisogno di alcun incentivo, quindi il primo punto è il livello di investimento che possiamo garantire e quindi anche di posti di lavoro, e oltre 1 miliardo di euro per opere di sostenibilità per il territorio”, ha detto.

“Presto dal governo – ha spiegato Ceschiat – potrebbe arrivare la decisione di installare 40 GW di nuovi impianti fotovoltaici, e per farlo si utilizzerebbe meno dell’1% delle aree agricole italiane”. E per farlo serviranno, a detta di Ceschiat, terreni agricoli oltre che i tetti.

UN’ALTRA VIA: 3/4 DEI PANNELLI IN COMMERCIO NON SONO LOW-CARBON

Ma allora è tutto rosa e fiori, sul fotovoltaico? Evidentemente no. Andando a fare le pulci a un settore che indubbiamente sta crescendo, occorre guardare per esempio al Bulletin della SPE Italia. Come rilevato da Un’altra via e dal suo fondatore Enrico Mariutti, “attualmente le stime dell’intensità carbonica dell’energia solare si basano sul database Ecoinvent. Il problema è che Ecoinvent presuppone che i pannelli siano fatti per la maggior parte in Europa, con energia low-carbon”. Ma secondo Marietti, “l’energia solare sarebbe low-carbon (≈40 gCO2/kWh) se i pannelli fossero fatti con energia idroelettrica e calore di scarto. Il problema è che tre quarti dei pannelli in commercio sono fatti in Cina, con energia da carbone”.

NON GUARDIAMO MAI AI PROCESSI INDUSTRIALI

“Tutte le fonti energetiche hanno un’impronta carbonica, ovvero comportano il rilascio in atmosfera di gas a effetto serra. Nel caso delle fonti fossili, la gran parte delle emissioni è correlata ai processi di combustione. Per quello che riguarda le nuove fonti di energia rinnovabile, invece, gran parte delle emissioni è legata ai processi industriali necessari a fabbricare pale, pannelli, cavi, inverter, strutture di supporto, etc”. Apre così la lettera aperta di Un’altra via, dove emergono “macroscopici errori metodologici” sulle stime che consolidano la tesi del fotovoltaico low-carbon.

“Ricalcolando l’impronta carbonica di un impianto fotovoltaico sulla base dell’intensità carbonica media del sistema energetico cinese, aggiungendo le emissioni di metano correlate all’estrazione del carbone impiegato nei processi industriali e ricalibrando la produzione sui valori medi italiani, l’intensità carbonica dell’energia fotovoltaica lievita a 200 gCO2/kWh (stime e fonti allegate nell’ANNEX II)”, aggiunge l’analisi del gruppo di Mariutti. Dove, tra le diverse conclusioni, arriva a concludere che “integrando la metodologia di calcolo, l’intensità carbonica di un impianto fotovoltaico made in China installato in un contesto a media insolazione (1.200 ore equivalenti l’anno) può addirittura superare i 500 gCO2/kWh”.

L’IPCC E IL NUOVO RAPPORTO

Ma a quanto pare l’IPCC non intende intervenire sugli attuali metodi di calcolo. “Il nuovo rapporto, infatti, non fornisce nuovi valori di riferimento (rimandando esplicitamente a quelli del rapporto precedente)”, si legge tra l’altro.

Insomma, questa analisi scoperchia ulteriori vasi che invece è opportuno analizzare. Solo così potremo capire meglio quale futuro energetico ci attende.

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