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Petrolio

Produzione petrolifera e prezzi, come si sta muovendo il mercato (e perché)

Nessuna decisione sul prolungamento dei tagli ad aprile: bisognerà attendere giugno. Ma il livello dei prezzi attuali accontenta tutti mentre le scorte sono in aumento per “colpa” dell’upstream Usa

Si presenta confusa la situazione petrolifera mondiale dopo lo stop a sorpresa della riunione straordinaria dell’Opec prevista per il prossimo mese – il 17 e 18 aprile – per discutere se eliminare o meno i tagli alla produzione di greggio e il rinvio a giugno al prossimo vertice di Vienna.

ANCORA NESSUN ACCORDO SUL PROSEGUIMENTO DEI TAGLI

I paesi OPEC e non OPEC hanno concordato, infatti, di ridurre l’output di 1,2 milioni di barili al giorno per sei mesi che scadranno a breve. Ma restano divisi sulla possibilità di mantenere i tagli fino a fine anno. MarketWatch ha riferito domenica che i partner dell’accordo non hanno trovato un accordo sull’estensione della riduzione dell’output anche alla seconda metà dell’anno, nonostante l’Arabia Saudita sia d’accordo mentre la Russia si mostri più riluttante.

RINVIO A GIUGNO PER VIA DEL MERCATO BEN RIFORNITO

Come confermato dal Ministro dell’Energia saudita Khalid al-Falih, durante il vertice di Baku sul monitoraggio delle riduzioni della produzione di greggio, il gruppo ha scelto di rinviare la decisione sui tagli perché si aspetta che il mercato rimanga ben rifornito durante la prima metà dell’anno: mentre i tagli a febbraio hanno raggiunto circa il 90% della quantità concordata, probabilmente la compliance supererà il 100% a marzo.

DALL’ARABIA SAUDITA TAGLIO DA MEZZO MILIONE DI BARILI AL GIORNO

I due big della produzione petrolifera mondiale, Arabia Saudita e Russia continuano, infatti, almeno per il momento, a rispettare gli accordi: le esportazioni di greggio da Riad continuano a diminuire all’inizio di quest’anno dopo che il maggior produttore Opec ha iniziato a tagliare aggressivamente l’offerta da dicembre. Secondo i dati del database della Joint Organisations Data Initiative (JODI), che raccoglie i dati di 114 paesi, le esportazioni saudite di greggio sono scese a 7,254 milioni di barili giornalieri a gennaio, contro i 7,687 milioni di dicembre 2018. Un “crollo” di quasi 550 mila barili al giorno, ancora più marcato se paragonato agli 8,24 milioni di bpd di novembre che rappresentò il livello più alto degli ultimi anni, realizzato per compensare le perdite di approvvigionamento dall’Iran dopo il ritorno delle sanzioni statunitensi.

RUSSIA RAGGIUNGERA’ LA COMPLIANCE DI 200 MILA BARILI AL GIORNO AD APRILE

La produzione russa di greggio ad oggi è invece di 140 mila bpd inferiore al tasso medio giornaliero di ottobre 2018 (presa come base per i tagli concordati dall’OPEC), ha detto il ministro dell’energia Alexander Novak alla TASS. Eppure il taglio risulta inferiore a quello che la Russia aveva promesso di 200 mila bpd malgrado Novak abbia avvertito che il paese si sarebbe adeguato con gradualità fino ad arrivare alla piena compliance ad aprile.

PRODUZIONE TOTALE DEL REGNO SARA’ AL DI SOTTO DEI 10 MLN DI BARILI

La settimana scorsa, l’Arabia Saudita aveva segnalato il suo essere determinata a fare tutto il necessario per riequilibrare il mercato e sostenere i prezzi del petrolio, mantenendo le sue esportazioni di petrolio greggio ad aprile al di sotto dei 7 milioni di barili giornalieri, nonostante le richieste di oltre 7,6 milioni di barili da parte dei clienti. Le minori allocazioni di Aramco ad aprile porteranno la produzione petrolifera del Regno “ben al di sotto dei 10 milioni di barili al giorno” ha detto un funzionario saudita alla Reuters.

SCORTE DI PETROLIO IN AUMENTO: “COLPA” DELLO SHALE USA

Nonostante questa situazione di incertezza e le sanzioni degli Stati Uniti che hanno colpito la produzione venezuelana e iraniana, le scorte di petrolio nel mondo stanno aumentando, ha sempre riferito al-Falih, citato da Reuters, durante il briefing di Baku. Secondo Falih, la “colpa” sarebbe la produzione statunitense che sta più che compensando il declino di Venezuela e Iran. Non sorprendentemente, Falih ha detto ancora una volta che i tagli dovranno estendersi oltre aprile e anche nella seconda metà dell’anno. È interessante notare che Goldman Sachs all’inizio del mese aveva detto di aspettarsi un riequilibrio dell’eccesso di offerta del cartello entro aprile, decisione che avrebbe reso inutile continuare a produrre meno fino a giugno. Jeffrey Currie, capo del settore materie prime di Goldman, ha ammesso in una intervista alla CNBC che L’Opec “sta perseguendo una strategia di shock e soggezione”, tagliando la produzione più velocemente e più in profondità di quanto la banca d’investimento si aspettasse. “Ciò suggerisce che l’offerta si restringerà a sufficienza entro aprile affinché l’OPEC possa dichiarare la missione compiuta”. Dopo di che, ha detto Currie, “l’OPEC probabilmente aspetterà un mese o due per annunciare come procederà con la composizione dei tagli e questo per scoraggiare i produttori statunitensi dall’aumentare ulteriormente la propria produzione, causando un altro crollo dei prezzi”.

PREZZI ATTUALI PIACCIONO A TUTTI E SOPRATTUTTO A USA E ARABIA SAUDITA

In ogni caso i prezzi del petrolio, al momento, sono leggermente aumentati con il WTI attorno ai 58 dollari e il Brent sui 67. I livelli attuali rappresentano, secondo Christyan Malek, capo EMEA Oil & Gas Research di JPMorgan, “un livello che va bene sia a Usa sia a Opec”: il petrolio a più di 65 dollari al barile innesca la critica apologetica del presidente americano Trump nei confronti dell’OPEC, mentre il petrolio da 65-70 dollari è allo stesso tempo abbastanza corretto per la situazione fiscale dell’Arabia Saudita e di altri produttori OPEC, secondo Malek. Secondo lo scenario di base di JPMorgan, l’OPEC e gli alleati estenderanno comunque i tagli nella seconda metà del 2019.

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