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Dataroom Gas Russo

Quanto pesa dire no al gas russo

Il Dataroom di Milena Gabanelli sul costo della rinuncia alle forniture di gas dalla Russia. Razionamenti e aumenti di prezzo, ma non solo

La guerra in Ucraina continua. E gli aggiornamenti principali, da qualche giorno, non arrivano tanto dal campo quanto piuttosto dalle strategie energetiche dell’Unione europea e dell’Italia.

CINGOLANI: RISCHIOSO DIRE NO IN UN MESE AL GAS RUSSO

Solo nella giornata di ieri, per rimanere alla strettissima attualità, il Ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ribadito da più parti il momento dell’Italia e le condizioni per staccare la spina dall’energia russa. Prima a Repubblica, poi a Politico Europe e non da ultimo nell’informativa alla Camera dei deputati.

Cingolani ha parlato di tre piani. “Il primo è aumentare il gas che arriva in Italia attraverso i gasdotti”: Roma ha inanellato una serie di incontri che hanno portato a stingere accordi con l’Algeria, ad esempio. Così come sul gas liquefatto: “grazie agli accordi con Algeria, Angola, Congo, Qatar il gas liquefatto importato aumenterà di 1,5 miliardi di metri cubi quest’anno per arrivare a regime, nella seconda metà del 2024, a 12,7 miliardi di metri cubi”. In terzo luogo, dice ancora il ministro, “la strategia prevede anche un piano di risparmi.

Allo stesso tempo, però, non si può staccare immediatamente la dipendenza da Mosca. È “fondamentale” mantenere le forniture russe fino a fine 2022 per evitare problemi di approvvigionamento. Qualsiasi altra ipotesi potrebbe portare a interventi di riduzione e contenimento dei consumi, ha detto Cingolani in Parlamento.

IL GOVERNO SI MUOVE ANCORA SUL FRONTE AIUTI

Sul fronte interno, invece, è arrivato un nuovo Dl di sostegno contro il caro energia. Un intervento che prevede il bonus sociale per energia elettrica e gas, che diventa retroattivo. Inoltre: sale al 25% il credito d’imposta a favore delle imprese per l’acquisto di gas e luce, mentre il credito d’imposta per gli autotrasportatori viene fissato al 28%. E ancora: viene prevista l’estensione al primo trimestre 2022 del contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, in favore delle imprese gasivore, rigassificatori considerati “interventi di pubblica utilità, indifferibili e urgenti” con i governatori commissari di governo per la loro realizzazione.

LA RINUNCIA ALLE FORNITURE DI MOSCA: I COSTI

Ad arricchire e completare il discorso, sul quale si avranno nuovi aggiornamenti da qui ai prossimi giorni, perviene il Dataroom di Milena Gabanelli sul Corsera di oggi. “Si stima una carenza pari al 18% delle importazioni complessive nel 2022 e al 15% nel 2023. Il primo effetto è il razionamento e il conseguente aumento del prezzo. Dai circa 100 €/MWh di fine marzo si potrebbero superare i 220 €/MWh tra novembre 2022 e febbraio 2023″, scrive l’ex conduttrice di Report.

Che nell’analisi inserisce stime fortemente al ribasso su Pil e al rialzo per l’inflazione (-2,5% nella secona metà del 2022 per la produzione interna lorda e +7,6% per i prezzi). Tradotto in termini di disoccupazione: ” circa 293 mila perderebbero il posto di lavoro quest’anno, e altri 272 mila l’anno prossimo”. Inoltre, “secondo il professor Onofri per compensare la caduta del Pil, servirebbe una spesa aggiuntiva di 40 miliardi nel 2022, e 40 nel 2023. Queste risorse potrebbero bastare, ma a condizione che vengano indirizzate verso chi ne ha realmente bisogno, cioè le famiglie meno abbienti e le imprese non in grado di fronteggiare prezzi, inflazione, calo dei consumi”.

La situazione, insomma, non è affatto semplice da risolvere. E senza scadere nell’obbligo della “complessità” troppo spesso abusata in questi tempi di racconto della guerra: servono soldi e un buon uso degli stessi per sostenere forti interventi come quelli energetici. Per tutti.

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