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Transizione Ecologica

Tutte le capocciate tra Cingolani e gli ambientalisti sul gas

Il ministro per la transizione ecologica ribadisce la linea del governo sull’addio al gas russo al 2024. Le associazioni non ci stanno

Nella giornata odierna, il gruppo GEDI ha organizzato una giornata di discussioni legate all’inserto Green&Blue. Intervistato dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari, il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani ha parlato del suo operato di questi mesi tra lo scoppio della guerra in Ucraina e la necessità italo-europea di trovare nuove fonti di approvvigionamento extra-russe. Il capo del dicastero energetico ha ribadito la necessità di proseguire su una linea per forza di cose graduale che vedrà dire addio al gas russo soltanto tra due anni, in maniera definitiva.

A fargli da contraltare, nel panel successivo, sono stati gli esponenti di associazioni ambientaliste come Lifegate, WWF Italia o Legambiente. Secondo i cui leader Cingolani continua ad essere condizionato dalle lobby del petrolio, capeggiate da grandi aziende come Eni.

CINGOLANI: LA TRANSIZIONE SI FA CON LE RINNOVABILI

“Serve aumentare le rinnovabili. Non solo eolico e solare, anche idroelettrico, biomasse. Bisogna togliersi di mezzo il carbone, col gas anzitutto”, ha detto Cingolani. “E l’Italia l’ha fatto. Abbiamo pochissimo carbone, mentre sul gas dipendiamo molto dalla Russia”. Una situazione ormai nota a tutti almeno da quando il 24 febbraio scorso Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina scatenando un conflitto in stile novecentesco. “Sul petrolio abbiamo meno problemi. Per il secondo semestre del 2024 dovremo dire basta con le forniture da Mosca. Porteremo al 100% i nostri tre rigassificatori, installandone altri due galleggianti. Manterremo la rotta della decarbonizzazione al 55%”.

Tutto confermato, nella road-map italiana. “Il price-cap richiesto dall’Italia a Bruxelles serve ad evitare i picchi, poi dovremo disaccoppiare il prezzo del gas da quello delle rinnovabili. Ora abbiamo ottenuto una delega in Europa ma già averlo portato al centro impedisce ogni pratica speculativa ulteriore. Al 2030 la soluzione è quella delle rinnovabili pancia a terra ma il tutto dovrà essere sostenibile. E aggiungo, non ci sono solo eolico e solare. La guerra è disastrosa anche dal punto di vista ambientale, come da tutti i punti di vista. Le parole di Mattarella di ieri sono state un monito”.

LEGAMBIENTE, WWF, LIFEGATE. LE ASSOCIAZIONI CONTRO IL GOVERNO SULLA TRANSIZIONE

Ma dall’altro lato dell’agora italiana della transizione si pongono tante associazioni che hanno contestato la linea Cingolani. “Le nostre campagne hanno l’obiettivo di cambiare la cultura di questo paese. Che è troppo conservativa sull’ecologia. Serve fare un lavoro complessivo sulle sovrintendenze. Serve una rivoluzione culturale degli ambientalisti. Perché anche da questo lato serve un salto culturale. Si può partire dal rileggere la Costituzione: i paesaggi cambiano, sono sempre cambiati e cambieranno ancora”. A dirlo è stato, tra i vari ospiti, Stefano Ciafani di Legambiente. Una posizione condivisa anche da Simone Molteni di Lifegate. “Vedo grande voglia di fare nei giovani. Ma se manca un disegno diventa tutto più difficile. Serve visione, servono regole chiare e semplici”, ha detto.

CHI HA LE COLPE DELLA LENTEZZA DELLA TRANSIZIONE

“La transizione procede lenta perché le scelte industriali di Eni rallentano il processo. Il ministro Cingolani è un ministro del gas. La guerra in Ucraina è un riflesso delle difficoltà sull’energia. Il sistema russo è di una mafia petrolchimica presente anche qui. Forse va rinazionalizzata Eni per eliminare la parte di petrolio e gas. Io non ho la pretesa di guidare il fronte ambientalista ma serve eliminare la tossicodipendenza dalle fonti fossili”. Con queste parole si è unito al coro dei contrari della linea Cingolani, Giuseppe Onufrio di Greenpeace Italia. “Bisogna recepire le indicazioni e le sfide lanciate dall’Europa. Che devono tenersi in un sistema unico. Abbiamo bisogno di investire anche in cultura, formazione”, ha aggiunto Pierluigi Stefanini di ASviS.

“Noi poniamo attenzione sugli impatti sul territorio, anche delle rinnovabili. Serve criterio e bilanciamento degli interessi rispetto all’ambiente. Ecco perché va dato peso agli enti tecnici”. Lo ha dichiarato anche Edoardo Croce di Italia Nostra. E accanto a lui, Alessandra Prampolini di WWF Italia, ha proposto una autorità della Natura. “Serve parlare di ambiente quando si parla della transizione. Per averne una giusta, portare le persone al consenso bisogna partire da una rivoluzione culturale. Le persone tengono al proprio territorio. Abbiamo inviato una petizione al Senato per un’autorità della Natura che supporti gli enti per un lavoro di cucitura. Bisogna sfondare il muro delle lobby che ancora dominano. Come WWF proponiamo un superamento della visione astratta dell’ambiente. Servono regole chiare e tempi certi”.

QUALE MODELLO SEGUIRE

Infine, guardando agli esempi europei, Gianni Silvestrini del Kyoto Club ha espresso indicazioni altrettanto chiare. “Bisogna sollecitare comuni e governo per fare di più. Le parole di Cingolani sono insufficienti, si dovrebbe seguire l’esempio della Germania. Serve incisività, come Berlino ma come altri paesi perché le rinnovabili sono un’occasione di sviluppo e di crescita economica. Enel da noi è un bell’esempio di come spesso le industrie sono più avanti del Paese”.

E a fargli da spalla anche Edo Ronchi della Fondazione Sviluppo Sostenibile, focalizzatosi sul tema della legge sul clima. “Serve passare al modello circolare. Stiamo accumulando ritardo perché in Italia non sappiamo quale direzione prendere. Uk, Francia, Spagna, Germania hanno una legge per il clima. L’Ue anche. Ci sarà un motivo? Il nostro paese è l’unico dei grandi a non averla, a non avere target della neutralità climatica e non l’ha aggiornato al 2030”, ha detto in dettaglio.

Insomma, quella andata in scena al Parenti di Milano è stata una serie di capocciate tra il MiTE e le associazioni. La transizione, in ogni caso, deve continuare.

 

 

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