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Petrolio E Gas

Petrolio, pronto un crollo dei prezzi?

Sembra che il mercato del petrolio stia prendendo una direzione che potrebbe provocare un nuovo crollo dei prezzi del greggio.

Un barile di petrolio Brent vale, ormai da settimane, più di 40 dollari: il benchmark si è ripreso rispetto ai valori minimi – addirittura negativi – toccati lo scorso aprile, quando è sceso a -37 dollari. Tuttavia, sembra che il mercato stia prendendo una direzione che potrebbe provocare un nuovo crollo dei prezzi del greggio.

L’AUMENTO DELLA PRODUZIONE OPEC+

L’offerta, innanzitutto, sta per aumentare. A partire dal mese di agosto il gruppo OPEC+, che riunisce molti dei principali produttori petroliferi al mondo, allenterà i tagli all’output di 7,7 milioni di barili al giorno rispetto alla quota – storica, vista l’entità – decisa al vertice di aprile.

La produzione giornaliera globale di petrolio aumenterà così di circa 2 milioni di barili. L’aumento dovrebbe venire controbilanciato dai tagli di quei Paesi che, nei mesi di maggio e giugno, non hanno rispettato gli accordi. Ammesso tuttavia, nota Bloomberg, che mantengano l’impegno preso.

CRESCE ANCHE L’OUTPUT NON-OPEC

L’offerta è in aumento anche in quei Paesi esterni all’alleanza OPEC+, guidata dall’Arabia Saudita e dalla Russia.

Il Nordamerica, ad esempio, sembra mostrare qualche segno di ripresa dei livelli produttivi. In Canada alcuni produttori di bitume hanno riattivato le operazioni, pur tra incertezze dovute agli alti costi di estrazione nelle oil sands. Negli Stati Uniti la situazione è leggermente migliore: il numero dei pozzi perforati è in aumento, ma l’industria dello shale è in crisi finanziaria.

LA DOMANDA DEBOLE

La tenuta dei prezzi del petrolio non è minacciata solo da un aumento dell’offerta. Ma anche – e contemporaneamente – da una domanda globale poco reattiva.

La Cina, dopo una fase di acquisti massicci, ha rallentato con le importazioni. E anche la produzione nelle sue raffinerie indipendenti è in calo rispetto ai record di giugno.

Negli Stati Uniti i livelli di traffico non sono paragonabili a quelli registrati l’anno scorso. I tanti casi di infezione da coronavirus negli stati del Sud stanno disincentivando gli americani a mettersi alla guida per raggiungere le località turistiche – la Florida, ad esempio –, con ripercussioni negative sulla richiesta di carburante.

Anche nelle grandi città d’Asia come Pechino e Singapore ci sono molti meno veicoli per strada. E i voli aerei sono molto lontani anche dai livelli toccati all’inizio del 2020.

In sintesi, la combinazione di domanda stagnante e di offerta eccessiva potrebbe ricreare le condizioni che hanno portato, a marzo, al crollo dei prezzi del petrolio.

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