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Ue

Cosa non succederà a Bruxelles sul gas (oggi e a luglio)

Il vertice di luglio sull’energia promesso ieri a Draghi slitta a settembre. Oggi a Bruxelles il secondo giorno di Consiglio Ue, in serata il documento finale

Si chiude oggi a Bruxelles il vertice europeo tra i primi ministri dei paesi membri. Al Consiglio europeo c’è la guerra in Ucraina, il sostegno militare a Kyiv ma non solo. Una delle questioni più dirimenti del conflitto è quella energetica. Dopo i ricatti russi dei giorni scorsi, Italia, Germania & Co. stanno facendo i conti con le riaperture delle centrali a carbone, il riempimento delle riserve per l’inverno e il tetto al prezzo del gas.

Proprio su quest’ultimo punto, ieri il premier italiano Mario Draghi aveva ottenuto – oltre a un richiamo di fine documento a conclusione del vertice – la fissazione di un altro summit a luglio da dedicare esclusivamente all’energia. Ma le conferme non sono arrivate. O meglio, dalla conferenza dello stesso ex presidente della Bce di pochi minuti fa alla stampa è stato annunciato lo slittamento del summit a settembre. Anche se ci sarà modo di parlarne anche al G7 di questo weekend a Schloss Elmau, nelle Alpi bavaresi.

I RICATTI RUSSI CONTRO BRUXELLES

Facciamo ordine. La scorsa e quella precedente sono state settimane caldissime, in linea con il periodo, per quanto concerne i razionamenti moscoviti delle forniture di gas. La Russia ha infatti  coinvolto Austria e Grecia nel novero delle vittime di questi tagli. Infatti, Germania, Repubblica Ceca, Italia, Francia e Slovacchia avevano fatto da apripista.

LO STATO DI ALLERTA SUL GAS

Una seconda guerra, insomma. Dopo quella che da oltre quattro mesi si combatte sul campo. Ecco che allora l’allarmismo dei principali paesi membri dell’Ue è andato crescendo. Tanto che Roma ha paventato l’idea di dichiarare un accresciuto “stato di allerta” sul gas, se la Russia continuerà a limitare le sue forniture. Berlino, invece, l’ha fatto nella giornata di ieri.

Abbiamo in questo momento un disturbo nei rifornimenti di gas e tale situazione richiede il passaggio al secondo livello del piano di emergenza”, ha detto il ministro dell’Economia Robert Habeck. Il livello di allerta è il secondo dei tre livelli di escalation del Piano di emergenza gas, presentato dopo l’attacco russo all’Ucraina. Secondo il piano, il livello di allerta è rappresentato da un’interruzione della fornitura di gas o da una domanda di gas eccezionalmente elevata che porta a un significativo deterioramento della situazione dell’approvvigionamento di gas.

Anche la Svezia, martedì, ha annunciato di aver attivato il primo passo di un piano di approvvigionamento di gas di emergenza in tre fasi per le parti occidentali e meridionali del paese per prepararsi a possibili interruzioni del gas naturale dalla Russia. E lo stesso aveva fatto a inizio settimana la vicina Danimarca.

LE RISPOSTE DELL’ITALIA E DI BRUXELLES

Ma oltre ad allarmarsi, cosa stanno facendo nell’Unione europea? Roma e tutte le altre capitali del Vecchio Continente stanno ragionando su tanti fronti. Bisogna anzitutto pensare al prossimo inverno. Ad oggi, le percentuali di riempimento sono buone se paragonate ai livelli di un anno fa. Italia, Francia e Germania – per esempio – sono attorno al 54-58% negli stoccaggi.

Anche oggi, in un colloquio con La Stampa, il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani ha ribadito che “Gli stoccaggi italiani sono al 55% e nel week end dovremmo ricevere altri 100 milioni di metri cubi di gas” e questo può condurre a una certa serenità nell’affrontare i prossimi giorni. A maggior ragione, sul lungo termine.  Perché dal 2023 “arriveranno 18 miliardi di metri cubi dalle nuove forniture”.

Guardando dall’alto, l’Italia si sta muovendo tramite la ricerca di nuovi fornitori, nuove estrazioni, il Gnl e le rinnovabili. Sebbene lo stesso Cingolani abbia lasciato aperta anche la porta del nucleare. Tante vie per affrancarsi dall’energia russa, la cui dipendenza è scesa dal 40 al 25% secondo quanto riferito poco fa da Draghi in conferenza stampa.

LA GERMANIA TRA CARBONE E NUCLEARE

Allo stesso modo, nel resto dell’Unione si sta ragionando anche sulle centrali a carbone. Come in Italia, anche Berlino ha messo in stand-by lo stop agli impianti in via di dismissione. Sebbene debba restare chiara la differenza tra breve e medio-lungo periodo (che significa rinnovabili), agire ora con tutti i mezzi garantisce la serenità di cui sopra. Non solo: Un passo ulteriore verso un ripensamento sulla chiusura definitiva delle tre centrali nucleari ancora in funzione è quanto chiede l’Handelsblatt, in un editoriale, al ministro dell’Economia e del Clima.

LE ULTIME DA BRUXELLES

Un sentimento che sembra mancare proprio dalle parti della Cancelleria a guida Olaf Scholz, però. L’Europa deve intensificare gli sforzi per ridurre la sua dipendenza dalle importazioni russe di combustibili fossili di fronte all’ultima crisi, ha detto il cancelliere socialdemocratico in arrivo stamani per le nuovi riunioni. “Questo è uno sforzo che dobbiamo accelerare ulteriormente ora – e ovviamente questo è legato a grandi sfide, ma ci sosterremo a vicenda”.

A fargli eco, i giornali in edicola in Germania. Come la FAZ: “La Germania viene colpita sul suo tallone d’Achille, una sicurezza di approvvigionamento non adeguatamente garantita”, ha scritto tra l’altro questa mattina la Frankfurter Allgemeine Zeitung.

E, tornando alle istituzioni, il ministro dell’Economia Robert Habeck ritiene possibile che la Russia non fornisca più gas dopo l’intervallo di manutenzione del gasdotto Nord Stream 1 previsto per luglio: “Dovrei mentire se dicessi che non lo temo”, ha detto in un’intervista al tg della tv privata Rtl. Anche il presidente dell’Agenzia federale per le reti, Klaus Müller, ritiene possibile che la Russia interrompa completamente la fornitura di gas alla Germania attraverso il gasdotto Nord Stream 1: “Non possiamo escluderlo”.

DI MAIO: UE APPROFONDISCA PROPOSTA SU PRICE CAP

Insomma, va a finire che i più ottimisti rimaniamo noi italiani? “Davanti a sfide come queste“, post pandemia e crisi per la “ingiustificata e illegale aggressione russa all’Ucraina”, “il Governo italiano, con la Farnesina in prima linea, ha messo in atto un’azione di diplomazia energetica che ha l’obiettivo di diversificare le fonti di approvvigionamento e di contenere i prezzi dell’energia” e su questo tema “abbiamo accolto con favore la più recente apertura del Consiglio europeo ad approfondire la nostra proposta, italiana, di un ‘prezzo cap’ europeo alGas “. Così il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un passaggio del videomessaggio inviato al Festival del Lavoro in corso atto a Bologna.

LA DESTRA UNITA, UNA VOLTA TANTO

Anche Giorgia Meloni, leader di FdI, si è detta “assolutamente d’accordo al tetto al prezzo del gas”. Per la numero uno del partito di destra è “una questione irrinunciabile come è irrinunciabile, e sono contenta che sia stata approvata una risoluzione di FdI, il tema di porre un fondo di compensazione per le nazioni più colpite dalla crisi”, ha detto a margine del convegno giovani di Confindustria.

Sulla linea Draghi si è messo, ancora una volta, il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani. Che sempre alla riunione di Confindustria giovani ha espresso convinzione per la politica sul price cap. E, infine, Salvini. “Sarebbe incredibile e oltraggioso se Bruxelles non accettasse la proposta italiana di un vertice e un intervento urgenti per controllare prezzo e distribuzione del gas”, ha detto commentando le vicende di Bruxelles.

Insomma, dovremo sì aspettare settembre per riparlare di tetto al prezzo del gas. Ma da bravi italiani accontentiamoci del resto: l’inverno sembra salvo, la destra per una volta è davvero coalizzata e i più ottimisti – alla fine – sembriamo noi.

 

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