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Gas

Estrazioni gas, l’Italia punta a Sicilia e alto Adriatico

L’analisi sulle mosse che vedranno Eni protagonista e la prossima fase energetica, tra instabilità estere e caro bollette.

Potenziare la produzione di gas naturale del Paese arrivando, per ora, almeno a 2,5 miliardi in più l’anno per sfiorare il traguardo dei 6,5 miliardi complessivi. Più gas dall’Alto Adriatico ma anche dalla Sicilia.

IL PIANO

Questo il programma sul gas italiano analizzato oggi sul Messaggero in edicola. Protagonista inevitabile sarà Eni “per poter offrire tariffe controllate che arrivino a più che dimezzare le bollette delle imprese”.

Ieri, mercoledì, se n’è discusso tra i palazzi della politica “perché l’incremento della produzione di gas, accanto alla spinta delle rinnovabili, sarà il cuore del decreto atteso venerdì in Consiglio dei ministri” scrive ancora il quotidiano diretto da Massimo Martinelli.

IL CONTESTO

Le risorse dell’Adriatico attirano l’attenzione anche all’estero. I tedeschi, ad esempio, qualche settimana fa dalle pagine del Frankfurther Allgemein Zeitung (Faz), si sono chiesti perché non usiamo il nostro gas. “L’estrazione del gas italiano a chilometro zero è uno dei punti su cui ho insistito maggiormente negli ultimi anni – ha spiegato Bessi qualche giorno fa a Energia Oltre – ed è uno dei temi portanti del mio libro ‘Gas naturale. L’energia di domani’ (Innovative Publishing, ndr). Questo per le sue ricadute virtuose sia sull’economia, perché alleggerirebbe la bolletta energetica nazionale, sia sull’occupazione. Una situazione win-win, insomma”.

I NUMERI

La strada da fare rimane molta: i dati 2021 delle estrazioni italiane provenienti dal Mite hanno certificato una produzione di appena 3,34 miliardi di metri cubi di gas, il 18,6% in meno del 2020. Un’inezia se rapportata ai nostri consumi pari a 76,1 miliardi di mc (+7,2% rispetto all’anno precedente) tutti importati dall’estero (Russia e Algeria in primis).

Inoltre, secondo alcuni analisti i costi del gas importato arriva a quasi 1 euro rispetto agli appena 5 centesimi che costerebbe quello prodotto in casa.

LA VIA ESTERNA DEL TAP E I RISCHI GEOPOLITICI

Ne avevamo già parlato su Energia Oltre. Il gasdotto azero-italiano è attivo ormai da oltre un anno e ha contribuito per 7,21 mld di mc consentendo anche un piccolo export (1,54 mld di mc). Ma qui siamo in ambito di forniture. Questione che  è materia sempre più geopolitica, in queste settimane. Gli aumenti in bolletta e la crisi russo-ucraina – ancora in pieno corso – coinvolgono anche le mosse del governo Draghi. Ecco perché serve una soluzione interna.

IL PITESAI

Per contrastare un conto energetico nostrano sempre più salato, che per quest’anno rischia di arrivare il doppio di quello pagato nel 2021 (37 miliardi di euro contro 21, ndr), il nuovo Piano per la transizione sostenibile “vengono individuate le zone idonee all’estrazione “sospendendo di fatto la moratoria del 2019”.

Come analizzato in un report del Corriere di qualche giorno fa, “verranno considerate le domande presentate dal 2010 in avanti”, specifica il PiTesai. Per le aree interessate, invece, “il Pitesai riguarda il 42% del territorio italiano, di cui il 5% dell’intera superficie marina sottoposta a giurisdizione italiana, e stabilisce la chiusura alle attività in tutte le aree marine e terrestri non comprese nell’ambito territoriale di riferimento”.

Secondo uno studio presentato al dibattito sul Pitesai dall’Assorisorse, che riunisce l’industria mineraria, sui soli giacimenti di gas dell’Emilia e della Romagna sia in terraferma e sia in Adriatico bisognerebbe investire 322 milioni per raddoppiare da 800 milioni a 1,6 miliardi di metri cubi l’anno l’ormai stanca produzione – sottolineava due mesi fa il Sole 24 Ore -. Per estrapolazione, in Italia servirebbe un paio di miliardi per estrarre circa 10 miliardi di metri cubi l’anno per dieci anni”.

LE REGIONI SI MUOVONO

Uno dei principali aggiornamenti dalla questione trivellazioni è arrivato dal Veneto. Infatti, la Regione presieduta da Luca Zaia (Lega) ha visto svolgersi un importante vertice tra amministrazione e industriali dal quale è emersa la spinta a maggiori estrazioni in mare. Dagli 8 mld del 2019, oggi le forniture costano 37 miliardi. Il nord consuma la metà del fabbisogno nazionale, inoltre, scriveva pochi giorni fa il Corriere Veneto.

Si prevede “nel breve termine un aiuto governativo soprattutto per le imprese energivore”. Più in là, invece, la misura riguarderà “la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile”.

Servirà, però, tenere in conto tutti  gli attori coinvolti comprese le varie posizioni politiche che già in passato hanno fatto emergere divisioni.

ALCUNI DATI ITALIANI

Se all’inizio del secolo i giacimenti italiani assicuravano “poco meno di 20 miliardi di metri cubi all’anno all’inizio del secolo, poi il loro contributo è sceso sotto i tredici miliardi nel 2004 e si è fermato a quattro miliardi di metri cubi l’anno scorso (secondo i dati del ministero dello Sviluppo economico)”, sottolineava il Corsera a fine dicembre 2021, ricordando che il nostro paese ha aumentato, contestualmente, l’import di gas che acquista dall’estero (70 miliardi di metri cubi), da Russia, Algeria, Norvegia, Olanda, Libia e Qatar e Azerbaigian.

“Da gennaio a settembre abbiamo usato 53,2 miliardi di metri cubi (+6,8% rispetto ai primi nove mesi del 2020), di cui 2,48 (-20,2%) estratti dai giacimenti in pianura padana e dai grandi giacimenti dell’Adriatico, in Basilicata e, in misura contenuta, in Sicilia”, secondo il Sole 24 Ore.

Naturalmente si potrebbe fare di più se si considera che nel sottosuolo italiano “riposano indisturbati almeno 90 miliardi di metri cubi dell’odiosamato metano”, scriveva Il Sole 24 Ore di qualche tempo fa il cui “costo di estrazione si aggira sui 5 centesimi al metro cubo. È una stima indicativa, una media avicola trilussiana, citata da Marco Falcinelli segretario della Filctem Cgil e dall’economista Davide Tabarelli di Nomisma Energia. Ecco invece il prezzo di mercato del gas che l’Italia importa da Paesi remotissimi: fra i 50 e i 70 centesimi al metro cubo, più di 10 volte tanto”.

 

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