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In Australia le banche non finanzieranno più il carbone

Le quattro principali banche in Australia smetteranno di finanziare nuovi progetti sul carbone. Le prospettive per il settore non sono buone, ma il governo si dice positivo

L’Australia and New Zealand Banking Group (ANZ), una delle banche più grandi in Australia, ha detto che smetterà di finanziare progetti sul carbone termico. Non è l’unica: anche gli altre tre principali istituti di credito del paese (noti collettivamente come “Big Four”) hanno annunciato la stessa cosa, obbligando così l’industria nazionale del carbone a ricercare finanziamenti all’estero.

COSA HA DETTO ANZ

Oltre a non finanziare nuovi progetti, ANZ ha anche detto che entro il 2030 smetterà di concedere prestiti alle miniere di carbone e alle centrali esistenti, in modo da ridurre l’impronta di carbonio del proprio portafoglio di prestiti. Allo stesso tempo, aumenterà il credito verso i progetti sulle energie rinnovabili e introdurrà delle clausole di riduzione delle emissioni per i finanziamenti forniti ai suoi cento maggiori clienti.

Il direttore generale di ANZ, Shayne Elliott, ha detto che non si possono “ignorare” gli “annunci di alcuni dei nostri principali mercati per il carbone, come ad esempio il Giappone”, che ha intenzione di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Anche altri grandi consumatori di carbone nonché importanti partner commerciali austrliani, come la Corea del sud e la Cina, hanno detto di voler fare lo stesso (per Pechino la data limite è il 2060).

COSA HANNO DETTO LE ALTRE BANCHE E LE COMPAGNIE

ANZ è la quarta banca australiana per capitalizzazione di mercato. Il suo annuncio arriva dopo quelli della Commonwealth Bank of Australia e di Westpac (che vogliono smettere di finanziare i progetti sul carbone entro il 2030) e della National Australian Bank (entro il 2035).

Tra l’altro, anche grandi compagnie australiane del settore minerario come Rio Tinto e BHP si sono impegnate ad “uscire” dal carbone termico, vendendo i loro asset in risposta alle pressioni degli investitori, che chiedono maggiori sforzi contro il riscaldamento globale.

LO STATO DELL’INDUSTRIA AUSTRALIANA

L’industria del carbone dell’Australia vale circa 20 miliardi di dollari australiani l’anno. Ma ha risentito negativamente della pandemia di coronavirus, che ha provocato un calo di oltre un quarto (dallo scorso gennaio) dei prezzi del suo carbone, di alta qualità.

Più in generale, il settore fatica a destreggiarsi tra gli sforzi intrapresi da molti governi per ridurre le emissioni di gas serra, che riducono gli spazi all’estero per il carbone australiano e rendono incerte le prospettive di medio-lungo termine della relativa industria.

Quattro dei principali partner commerciali dell’Australia – Cina, Giappone, Regno Unito e Corea del sud – hanno tutti fissato degli obiettivi per l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 o il 2060. Il governo australiano, invece, non ha stabilito una data per la neutralità carbonica. Non solo: il primo ministro conservatore Scott Morrison ha detto che non si farà influenzare dagli obiettivi climatici delle altre nazioni e che non è preoccupato per il futuro delle esportazioni del suo paese. Il carbone e il gas naturale rappresentano oltre il 25 per cento dell’export australiano.

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