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Perché il gas naturale non teme le oscillazioni dei mercati

Fatti, numeri e scenari sul gas naturale. Una risorsa centrale anche in Italia dopo che Snam ha acquistato una seconda nave Fsru

L’energia rimane una delle questioni più rilevanti, quotidianamente parlando, della guerra in Ucraina, dei suoi effetti nel mondo e quindi anche dalle nostre parti.

E d’altronde appare inevitabile, non solo per la politicizzazione di ogni mossa degli attori coinvolti: leggi i ricatti di Putin sulle forniture. Come, da ultimo, ha detto il nostro ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani: “la guerra ci ha sbattuto in faccia il problema dell’energia, 20 anni di errori di questo paese”. E ci siamo resi conto che dipendevamo per il 40% dalla Russia”. Insomma, “un po’ un suicidio” l’ha definito Cingolani: e “quando la macchina del governo si è reso conto di questo li abbiamo sostituito in 8 settimane con 6 fornitori diversi e riducendo da 30 a 25 i miliardi di mc. Li abbiamo ridotti del 18% perché quei 5 mld di mc che abbiamo rinunciato a prendere li sostituiremo con le rinnovabili che stiamo facendo grazie al Pnrr”.

LE MOSSE ITALIANE SUL GAS NATURALE

Insomma, l’Italia s’è mossa. E continuerà a farlo, dovrà farlo. Perché il Cremlino ha per anni sfruttato e capitalizzato per tenere legata a sé tutta Europa almeno dal punto di vista energetico. Sono tante, per fortuna, le vie per affrancarsi dalle importazioni di gas russo ma vanno riordinate. In testa ci sono i rigassificatori di gas naturale liquefatto, con due nuove installazioni.  Nel merito, rispettivamente entro la primavera del prossimo anno e nel 2024 verranno apposte due unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione (Fsru). Snam si è aggiudicata la prima, la Golar Tundra. Destinata inizialmente a Piombino, dove sono in corso da settimane le proteste degli attivisti. E da poco ha fatto lo stesso anche con l’altra, destinata alle coste di Ravenna. In tutto lavoreranno 10 miliardi di metri cubi totali che garantiranno la sostituzione del 13% delle forniture moscovite.

LA FINE DELLA DIPENDENZA EUROPEA DAL GNL RUSSO

A dimostrare un taglio netto del cordone ombelicale russo-europeo (anche) sul gas naturale sono state anche le parole – e i dati – della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. La quale, durante plenaria di Strasburgo del Parlamento europeo per il dibattito sulla presentazione del programma della presidenza ceca del Consiglio Ue, ha ribadito l’impegno della Commissione europea nel definire un piano di emergenza comunitario contro le riduzioni delle importazioni di gas che interessano, ad oggi, dodici Stati membri.

Perché lo Zar del Cremlino usa l’energia come prima arma, insieme a quelle con cui devasta il territorio ucraino, per fomentare l’odio anti-occidentale. E, come ribadito su queste colonne in più occasioni, per noi il gas di Mosca significa riscaldamento mentre per Putin vuol dire enormi guadagni economici. E anche da questo punto di vista non si può non giudicare positivamente l’insistenza di Mario Draghi nel proporre in ambito europeo l’approvazione del price cap.

COSA DICONO I MERCATI

In questo quadro politico-economico, ci sono i mercati. Che vanno anzitutto osservati ogni giorno: in tal caso, è facile constatare che l’emergenza energetica non coincide con l’invasione russa dell’Ucraina. La guerra ha “soltanto” acuito un panorama già compromesso da almeno un anno. Rendiamoci conto che in questi due anni abbiamo vissuto dentro momenti ed eventi “storici”, tra pandemia e conflitto.

Soltanto negli ultimi venti giorni, con il taglio dei flussi dalla Russia, la variazione verso l’alto dei prezzi del gas è stata del 60%. Un salto equivalente a 300 dollari al barile di petrolio greggio. Ma allo stesso tempo, analizza Oilprice.com, altre materie prime, tra cui il petrolio, sono crollate da metà giugno mentre la Fed e altre banche centrali hanno aumentato i tassi di interesse chiave di più negli ultimi decenni per combattere l’inflazione più alta in più di 40 anni.

IL GNL TRA IERI E OGGI

“Questo è il 1970 per il gas naturale”, ha detto a Bloomberg Kevin Book, amministratore delegato della società di ricerca statunitense ClearView Energy Partners, all’inizio della settimana che stiamo salutando. “Il mondo sta pensando al gas come una volta pensava al petrolio, e il ruolo essenziale che il gas svolge nelle economie moderne e la necessità di un approvvigionamento sicuro e diversificato sono diventati molto visibili”.

Allo stesso vertice del G7, i capi di governo hanno detto che “gli investimenti in questo settore sono necessari in risposta all’attuale crisi”. Torniamo così al consueto filo sottile che divide l’oggi dal domani. E cioè le soluzioni tampone dalle prospettive verso il 2030 e il 2050.

Guardando al presente, Massimo Di-Odoardo, Vice Presidente Gas and LNG Research di Wood Mackenzie ha ammesso che “un enorme aumento degli investimenti in progetti GNL è supportato da un rapido aumento della domanda europea” e in questo spazio gli Usa vogliono fare la voce grossa. Sono loro, insieme al Qatar, i protagonisti della partita del gas naturale. Tutto è in divenire, tra le poche certezze c’è che l’Europa ancora una volta rischia di trovarsi in mezzo.

 

 

 

 

 

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